Corsa dei Cocchi

Corsa dei Cocchi
 

Fin dal Medioevo la piazza fu teatro di festeggiamenti, giostre e altre gare. Nel 1563 il granduca Cosimo I de’ Medici la scelse come sede del Palio dei Cocchi che si teneva il 23 giugno, vigilia della festa di San Giovanni Battista patrono di Firenze. Questa corsa dei carri, in uso fino alla metà dell'Ottocento, si svolgeva nella piazza fra la Basilica e l'Ospedale di San Paolo. Dal 1608 i due estremi furono contrassegnati dagli obelischi in marmo di Serravezza eretti dal Giambologna. Gli obelischi poggiano su quattro tartarughe di bronzo e terminano col giglio, emblema della Repubblica fiorentina. A questa gara rimandano ancora oggi i due obelischi messi in opera da Bartolomeo Ammannati nel 1608 che segnano le due estremità della piazza e tra i quali veniva tirato un canapo che definiva l'asse maggiore del percorso ellittico che dovevano seguire i cocchi
Il Palio de’ Cocchi che prende il suo nome proprio dal cocchio usato per la corsa, qualcosa di molto simile alla biga d’epoca romana utilizzata per le corse a Circo Massimo. Ed infatti il Palio de’ Cocchi venne istituito dal Granduca Cosimo I de’ Medici nel 1563, proprio su imitazione delle gare che disputavano gli antichi a Circo Massimo; una vera e propria riedizione fiorentina delle antiche corse romane, dal momento che i cocchi avevano la foggia dei carri romani, quattro cocchi di legno tirati da due cavalli, distinti dai quattro colori, gli aurighi guidavano dritti, in piedi, vestiti con i colori delle  squadre fiorentine: Prasina (verde), Russata (rosso), Veneta (blu), Bianca (bianca).
Non fu a caso che i Medici scelsero per questa rievocazione la piazza di Santa Maria Novella: infatti già il filologo e storiografo Vincenzo Borghini, luogotenente del Granduca Cosimo, nel 1569 dopo aver chiarito tra Anfiteatro e Circo identificava quest’ultimo: “dove oggi è la Croce al Trebbio, non solo per la forma rotonda, la quale, come anche l’Anfiteatro rappresentavano le case tirate sopra i vecchi fondamenti, ma ancora per alcuni vestigi trovati sotterra a diverse occasioni che si riconoscono per propri di questa sorta di fabbriche” .​

Il suono della tromba annunciava la "mossa" (cioè la partenza) data dal Granduca e dopo tre giri la corsa terminava all'obelisco di partenza. La famiglia granducale assisteva al Palio da un grande baldacchino che veniva appositamente allestito sulla scalinata del Loggiato di San Paolo. Il vincitore veniva premiato con un palio di velluto cremisi, fatto fare a spese dei Capitani di Parte Guelfa. L'ultima corsa dei cocchi in piazza Santa Maria Novella ebbe luogo nel 1852. Per due volte si cercò di riavviare il palio, nel 1902 e nel 1935, purtroppo senza seguito.​
 


 

Giuseppe Conti ci racconta qualcosa sulla corsa del 1852, Firenze Vecchia capitolo VI:
[…] Firenze, in quei giorni, era piena di forestieri, che andaron matti alla corsa dei cocchi fatta con le bighe alla romana in piazza di Santa Maria Novella.
Il Granduca con i principi in tre carrozze a pariglia, con due cavallerizzi di sportello alla carrozza del Sovrano la quale era scortata da ufficiali dei dragoni, non essendo ancora ricostituita la Guardia del corpo, andarono alla corsa dei cocchi, e presero posto alla consueta terrazza sopra la loggia di San Paolino. L'anfiteatro della piazza rigurgitante di popolo, animato e festante, presentava un colpo d'occhio magnifico. Prima di dare il segnale della corsa furono serviti, secondo l'usanza di corte, abbondanti rinfreschi di gelati "ed acque acconce".
Le persone di servizio dei sovrani con biglietti speciali del Maestro della Real Casa assisterono allo spettacolo dal palco di Corte, lasciando libero lo spazio assegnato ai paggi e ai loro precettori, che ancora non erano stati nominati.
La sera alle otto la Corte si recò al casino di San Marco per godere della rinnovata festa dell'anfiteatro fatta pur quella a spese del Comune, che fece illuminare tutta via Larga (ora via Cavour) via del Cocomero (via Ricasoli) e la facciata della Torre del Maglio, lungo le mura in fondo alla strada che oggi si chiama via Lamarmora.
Come sorpresa, fu incendiato dopo "la cantata" un grandioso fuoco d'artifizio rappresentante il tempio della Gloria; e sotto, in un ben inteso e anche ben visto trasparente illuminato, apparì il ritratto del Sovrano circondato dalla Giustizia e dalla Clemenza. Gli spettatori a tale impensata sorpresa applaudirono freneticamente. Ed il Sovrano sentì il dovere di commuoversi, secondo il solito, quasi fino alle lacrime.
Lacrime di tenerezza eran coteste, che gli facevan bene, poiché sollevavano il suo cuore oppresso dalla gioia!
La domenica 25 settembre, come se tutte le feste fatte fino allora non bastassero a manifestare l'esultanza dei fiorentini per il ritorno del padrone, il Comune terminò la ripetizione delle feste di San Giovanni, con la corsa dei barberi dalla porta al Prato alla porta alla Croce.
La Corte vi andò con le carrozze di gala a sei cavalli, preceduta da due battistrada pure in livrea di gala, scortata dai soliti ufficiali dei dragoni, e tutte le cariche, le quali in tre mute anch'esse di sei cavalli e livree di gala, precedevan quella del Granduca e dei principi.
Alle quattro e tre quarti il sovrano e i principi presero posto al terrazzino in fondo a Borgognissanti "mentre molta nobiltà estera e nazionale fece corte alla reale famiglia. Secondo il solito prima della corsa furon distribuiti abbondanti rinfreschi di gelati; ed alle Loro Altezze venivan offerti dai due ciambellani di servizio" ai quali per regola d'etichetta gli porgevano due paggi. Le cameriste e le persone non nobili, per mezzo di speciali biglietti della Segreteria d'etichetta, andavano sulla terrazza del magazzino dei foraggi e alle tre finestre della casa Puliti. Gli altri uffiziali e serventi nel palco della Comunità.
La sera, al Palazzo Pitti vi fu una gran festa che secondo il gergo d'allora si diceva "grande appartamento". Nel quartiere delle Stoffe, alle otto eran già riunite centotrentadue dame e più di cinquecento cavalieri esteri e nazionali. Il Sovrano si degnò di parlare con tutte le dame e con diversi cavalieri di primo ordine, come fece l'Arciduca e le sorelle. Alle nove S. A. andò a giuocare con la marchesa Maddalena Capponi, col principe Orazio Borghese, e l'incaricato d'affari di Svezia Lagenward. Le Arciduchesse fecero lo stesso, ammettendo al loro tavolino il generale conte di Staremberg e il senatore Vittorio Fossombroni. L'Arciduca girò le sale con l'aio marchese Aroldi e discorse con le dame. Appena cominciato il giuoco fu sciolta l'etichetta di distinzione di posti, e tutta la nobiltà e uffizialità poté girare per tutte le regie anticamere fino al termine dell'"appartamento". Dalle nove in là furono sempre serviti raddoppiati rinfreschi di gelati d'ogni genere, caffè e ponci. Alle dieci e mezzo S. A. si alzò, e l'"appartamento" terminò subito. Tutte le anticamere erano riccamente illuminate a cera con sfarzo veramente regale, e di una bellezza meravigliosa d'un valore immenso. Stupende le vesti delle donne e le gioie [...]

THE CHARIOT RACE AT PIAZZA SANTA MARIA NOVELLA IN FLORENCE (OIL ON CANVAS) BY GIOVANNI SIGNORINI
Il Palio dei Cocchi, in una stampa settecentesca (Giuseppe Zocchi).

Il suono della tromba annunciava la "mossa" (cioè la partenza) data dal Granduca e dopo tre giri la corsa terminava all'obelisco di partenza. La famiglia granducale assisteva al Palio da un grande baldacchino che veniva appositamente allestito sulla scalinata del Loggiato di San Paolo. Il vincitore veniva premiato con un palio di velluto cremisi, fatto fare a spese dei Capitani di Parte Guelfa. L'ultima corsa dei cocchi in piazza Santa Maria Novella ebbe luogo nel 1852. Per due volte si cercò di riavviare il palio, nel 1902 e nel 1935, purtroppo senza seguito.

Programma della festa dei Cocchi
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