Castello di Vincigliata
Raccontato da Guido Carocci
Tratto da Guido Carocci, I contorni di Firenze illustrazione storico-artistica, Firenze, Galletti e Cocci, 1875
Chi si fosse per caso trovato su questo poggio più di un secolo fa, avrebbe veduti i pittoreschi avanzi di un castello medioevale col suo cortile, il suo loggiato, le sue mura cadenti ed un pozzo profondissimo che occupava l'angolo di un cortiletto posto dinanzi alla porta.
I bozzetti di qualche artista, qualche fantastica storiella di misteri e di streghe, raccontata dalle donnicciuole dei luoghi vicini, il ritrovo piacevole che una volta l'anno vi facevano i fìesolani per scampagnate, ecco tutto l'interesse che offrivano quelle rovine abbandonate lì, a sfidare la rabbia degli anni e delle intemperie.
A quale epoca risalga la fondazione del castello è difficile da datare per quante ricerche abbiano fatte non sono riusciti a scoprire. Alcune carte del 1031 e del 1069 dimostrano che l'edificio esisteva già in quell'epoca ed era in possesso dei Bisdomini di Firenze. Dopo i Bisdomini noi troviamo che ai primi del XIV secolo era in possesso degli Usimbardi, un'antichissima famiglia che aveva le sue case in Firenze presso S. Remigio e che si estinse già anticamente. Dopo gli Usimbardi, lo ebbero i Ceffini di Figline, i Bonaccorsi, che falliti poi nel 1345 insieme a molte altre case commerciali di Firenze, lo vendettero agli Albizzi o Albizi. Nella separazione del ramo di Alessandro Albizzi dalla famiglia per fondare la nuova casata che si disse degli Alessandri, Vincigliata toccò appunto a questo ramo che dal 1372 la tenne fino al 1827. Sotto gli Alessandri il castello di Vincigliata ebbe i suoi momenti eli splendore, e poi quelli di decadimento e di abbandono.
Dalla magnificenza e dal lusso medioevale, dai conviti e dalle feste ricchissime, Vincigliata passò a poco alla volta allo squallore, alla rovina e così nel 1751 non era più abitato da alcuno.
Nessuno avrebbe osato predire per davvero che a quelle rovine fosse riserbata una nuova epoca di splendore e di ricchezze; ma ad un gentiluomo inglese, ricco ed amante delle arti e delle antiche memorie, il sig. Giovanni Tempie Leader (1), dispiacque che il ricordo del castello di Vincigliata dovesse perdersi nell'oblio degli anni, e nel 1855 comprava dai fratelli Galli di Rovezzano quelle rovine con gli annessi terreni dove vegetavano solo le marruche (2), le ginestre e gli sterpi. Fare ritornare Vincigliata alla sua primitiva forma più che fosse possibile, fu il concetto del signor Leader che al valente architetto Giuseppe Fancelli (3) di S. Martino a Mensola dette l'incarico di dirigere tutti gli occorrenti lavori. Come il Fancelli, stando attaccato alle tracce antiche e studiando sopra gli antichi castelli italiani, riuscisse nel suo incarico, lo dimostrò la magnificenza dell'edificio che con la sua severa maestà desta l'ammirazione di quanti oggi si recano a visitarlo.
L'edilìcio principale, dominato da un'alta e sveltissima torre, si trova racchiuso in mezzo ad un rettangolo di mura forti e merlate che dal lato di tramontana, il più dominabile, sono guardate da due torri in una delle quali è praticata la porta (fig. 1).
Un'altra porta dominata da spiombatoi si apre dal lato di ponente e da accesso ad un piccolo piazzaletto dove sorge una graziosa loggetta. Nel palagio, che conserva la sua primitiva struttura, si accede per una ben munita porta che dà nel bellissimo cortiletto degno veramente di ammirazione. A destra c'è una loggetta sotto la quale si vedono un monumento alla memoria dell'architetto Fancelli morto senza veder compiuta l'opera sua, e diversi pregevoli oggetti d'arte. Più avanti stanno un elegantissimo lavacro di marmo (fig. 2), riccamente scolpito ad ornati, ed il pozzo.
A sinistra la scala a due branche conduce alle sale del piano superiore, alla terrazza posta sulla loggia, alla torre ed ai ballatoi che girano tutte le mura. Perfettamente in armonia coll'esterno dell' edifizio, sono le stanze del terreno e del primo piano, dove si ammirano mobili, attrezzi, armi, parati, cristallami, terraglie e sculture dei tempi antichissimi che mirabilmente si accordano con la severità dello stile di quelle sale. Ammirabile è la cucina con il suo immenso cammino, il suo lavacro ed i ripostigli per gli utensili necessari. In una sala sono raccolte armi in gran numero e di grande importanza ed in un'altra si osservano riportati nel muro gli affreschi rappresentanti le istorie di S. Bernardo degli Uberti, che, dall'ospedale antichissimo di Santa Maria della Scala, poi convento di S. Martino posto appunto in via della Scala, furono qui con nuovo magistero trasportate.
Bellissimo é il cortile che occupa l'angolo Sud-Est fra il palazzo e l'antimurale o cinta di mura esterna, dove il prof. Bianchi con mirabil arte dipingeva, secondo il carattere della primitiva pittura, gli avvenimenti principali del castello e fra gli altri la distruzione che si racconta aver subito nel 1364 per opera di Giovanni Hackvood detto l'Acuto, audace avventuriere allora al soldo della repubblica pisana.
Vincigliata così restaurata può considerarsi come uno dei più bei castelli italiani, che ricordino tuttora la maestà e la grandezza degli antichi signori feudali.
(1) Facoltoso figlio di un industriale inglese, si innamorò di Firenze e vi si stabilì dal 1844, nell'edificio di fronte a Palazzo Pitti, assieme alla moglie Maria Luisa de' Leoni, lucchese. Nel 1850 acquistò il castello di Vincigliata presso Fiesole, dove ospitò la nobiltà di mezza Europa​
(2) Marruca: Arbusto con foglie ovali, fiori piccoli di colore giallo, rami ricoperti di spine.
(3) Giuseppe Fancelli nacque a San Martino a Mensola nel comune di Fiesole il 24 Aprile 1829. (Treccani)
Si tratta forse del miglior esempio di realizzazione del sogno romantico di medioevo della nutrita colonia inglese che nell'Ottocento
È detta anche Loggia dei Priori oppure Loggia dell'Orcagna, per via di una errata attribuzione ad Andrea di Cione soprannominato Orcagna.
Cosimo I de' Medici volle segnare Firenze con tre colonne, simboli di potere e storia.
Monumento progettato da Capitano Charles Mant e busto scolpito da Charles Francis Fuller nel 1874, in onore del principe indiano Rajaram Chuttraputt