Questa croce d'altare è una croce latina con un crocifisso a tutto tondo del tipo patiens. Il Cristo crocifisso è raffigurato morto, con la testa ricciuta e coronata di spine, inclinata sulla spalla destra. La bocca è semiaperta e gli occhi sono chiusi. Il corpo snello e allungato è coperto da un perizoma annodato sul fianco destro. Le ginocchia sono affiancate mentre i piedi sono sovrapposti. Il crocifisso è letteralmente inchiodato sulla croce da tre piccoli chiodi. In alto, sulla croce, c'è un cartiglio con il titolo, accartocciato (Foto 1).
Foto 1
Questo lavoro è stato attribuito a Giambologna e viene menzionato in diversi inventari. La descrizione più dettagliata proviene dall'inventario della Deputazione Ecclesiastica del 1818, dove viene descritto come un crocifisso d'argento con un cartello simile, del peso di nove libbre e sei once. Il crocifisso è stato identificato come parte del corpus delle opere giambolognesche, che comprende crocifissi derivati da un modello creato dal grande scultore e fusi e rifiniti nelle botteghe granducali, talvolta sotto la supervisione diretta dello stesso Giambologna. Tuttavia, è importante notare che il Giambologna non si occupava personalmente di tutte le fasi di esecuzione, spesso affidando la rifinitura al suo collaboratore Antonio Susini.
Il materiale prezioso utilizzato, l'argento di alta qualità, e l'attenzione particolare ai dettagli suggeriscono che l'orafo coinvolto fosse legato alle botteghe granducali, probabilmente un italiano, dato il modellato morbido e il tocco quasi "impressionistico" dei capelli, che sono trattati in modo naturalistico e ricordano l'opera dell'"Appennino" di Pratolino.
Nei documenti della Guardaroba medicea si trovano i nomi di diversi orafi che, dal 1595 ai primi anni del secolo successivo, realizzarono crocifissi d'argento su disegno di Giambologna. La rarità di pezzi di argenteria fiorentina di quel periodo rende prudente astenersi dall'attribuire questo crocifisso a uno specifico maestro. L'opera nel complesso è molto simile al crocifisso presente nella Chiesa di Sant'Egidio di Firenze (foto 2), soprattutto per il modo rapido in cui sono segnati i contorni delle palpebre e delle sopracciglia. Queste caratteristiche di freschezza nel modellato distinguono questo crocifisso dai lavori tipici di Susini, che sono solitamente caratterizzati da una finitura cesellata frutto di un lungo lavoro.
Foto 2
Per quanto riguarda la committenza dell'opera, la presenza dell'arma degli Uguccioni sul monte della croce (che purtroppo è scomparsa insieme a quest'ultimo) suggerisce che l'oggetto provenisse da una delle numerose cappelle gentilizie che un tempo si trovavano nella chiesa di Sant'Egidio o potrebbe essere stato un lascito di un prelato con quel nome. È un'ipotesi da verificare, considerando che nel 1582 c'era un Benedetto Uguccioni che lavorava per l'Opera del Duomo.
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