14 Aprile 2018 · 10811 Views

Il Gigante dell'Appennino

Statua dell'Appennino
Gigante dell'Appennino
 
Cenni storici
Gigante dell'Appennino
Grotta di Cupido
 
Appiedi del prato, al quale s'appoggia una statua colossale di smisurate proporzioni, che ha per oggetto di raffigurare l'Appennino (1); sta in atto di sedere, e preme colla destra mano la testa d'un gran mostro. Se tal gigante fosse in piedi alzerebbe circa quaranta braccia (2) ; e tanto la scultura, quanto l'architettura, tutto appartiene a Giambologna (3). Magnifico ne è l'imbasamento con una vasca del diametro di cento braccia cinta​ lateralmente da un parapetto a balaustri di marmo, rimanendone libero il dinanzi con nel centro un terrazzino. L'enorme figura è composta di pietra serena e spugne «che paiono colà gettate a caso, ma per chi voglia osservare scorgerà facilmente le membra ed i muscoli che sono d'una verità prodigiosa (4). Le acque scaturenti dal monte, con quelle che zampillano dal capo del colosso producono effetti meravigliosi, e par che lo incoronino inondandolo: allorché il sole è sórto dai colli di Firenze, e va colla sua luce a illuminargli il volto, la corona che lo cinge sembra comporsi delle più preziose gemme d'Oriente: lo smeraldo, lo zaffiro, il rubino, il topazio, si direbbero mescolati assieme, né l'inganno dell'occhio si potrebbe dar maggiore.
 

Gigante dell'Appennino, foto del 1880 ca.

La statua è vuota di dentro, e trovasene l'adito dalla parte posteriore, passando da un terrazzo fatto a mosaico, con muricciuoli attorno, sul quale terrazzo è un drago volante di pietra scolpito dal nominato Foggini. La testa offre lo spazio d'una stanzetta, cui gli occhi servono di finestre, da dove «Francesco I dilettavasi a pescare nella sottostante vasca (5),» e conforme le indicate proporzioni della figura, un uomo che trovasi coi piedi sulle narici del naso, può arrivare ai cigli degli occhi. Il corpo del gigante forma una grotta che è di figura esagona, ed in essa rimane una fonte magnifica fatta tra nicchie e frombole a diversi colori, ed una moltitudine di spugne; la stessa fonte ha poi nel mezzo un vaso di diaspro d'altissimo pregio, intagliato a ruote con un superbo fiore di corallo proveniente dal mar Rosso, dal quale fiore spilla rigoglioso un getto d'acqua.
 

Anche il monte, dove la statua s'appoggia, è similmente vuoto, e vi si trovano due stanze di non uguale grandezza. Nella più piccola sono dipinte delle miniere e degli uomini che lavorano metalli. In quella più grande fa d'uopo ammirar primieramente una fonte di singoiar bellezza, formata tutta d'opere imitanti la natura; più che altro vi abbondano le specie variate degli animali marini. Vi è nell'alto la statua di Teti in atto di guardar con istupore quanto sa l'arte operare di delizioso e di perfetto, come riesce ad imitare le naturali bellezze, e a superarle. Quattro delfìni sostengono la pila stupenda, anche questa in diaspro di figura ottangolare, con ricetto all'intorno fatto di nicchie; su ciascun canto ha un pipistrello, e nel mezzo una lumaca di madreperla. Le pareti sono ricche di pitture appartenenti a pannelli veramente egregi, e raffigurano sirene, come altri abitanti del mare, non che dei paesi, fra cui si riconosce Livorno e l'Isola d'Elba.
Il pavimento è fatto di terra di Levante, e vi sono variatissimi fogliami disegnati con bella vaghezza e simile leggiadria; dagli stessi fogliami zampilla l'acqua in quantità notevole (6).​


Cenni storici
Gigante dell'Appennino
Grotta di Cupido


Tratto da Cesare Da Prato, Firenze ai Demidoff, Pratolino e S. Donato, relazione storica e descrittiva, Firenze, Pia Casa del patronato, 1886

 
(1) Consta al Baldinucci che questa statua era stata fatta per rappresentare Giove Pluvio, perchè la falsa religionedegli antichi a lui dava l'attribuzione di mandarele piogge; del qual Giove fa menzione Tibullo in quel verso : Et sitiens Pluvio supplicat herba Iovi.
(2) Il Verino e l'Anonimo lo dicono di 60 braccia: il Baldinucci (Vita di Giambologna) ed il Borghini (Riposo) lo dicono di 50; lo Sgrilli poi lo dice di 40, e dà lui più nel segno.
(3) Pietro Thouar (Notizie e guida di Firenze e de' suoi Contorni) dice che quest'opera di cosi straordinarie proporzioni è di Bartolommeo Ammannati. Lo sbaglio del prof. Thouar si spiega probabilmente in questo modo: leggendo egli nel Baldinucci (Vita dall'Ammannati), o in altri che ne scrissero, che questo artefice fu l'autore della fontana conosciuta nella R. Villa di Pratolino col nome di fontana dell'Ammannati, della quale noi diremo a suo tempo, dell'Anteo di bronzo e dell'Appennino quasi tremante dal freddo, che lo stesso esegui per la R. Villa di Castello, nota, di queste tre opere, l'ultima soltanto, e ce la fa trovare due volte a Pratolino, dove non c'indica una volta sola la fontana. (Vedi Thouar libro suddetto, pag. 411 delle opere d'arte, e pag. 564 della Guida). Se poi qualche merito ad altri si dovesse attribuire intorno al progetto di quest'opera immensa, bisognerebbe attribuirlo di buona ragione al Buontalenti, perchè nel catalogo a stampa della raccolta di disegni donata dallo scultore Santarelli alla R. Galleria di Firenze, troviamo a pagina 363 la seguente citazione, sotto il nome di Buontalenti Bernardo: «Progetto per il colosso della Villa di Pratolino, Matita nera acquarello e biacca; carta bianca.» Di più, nell'indice già rammentato del Signor Ferri, medesima pag. 74, si trovano i disegni 2323 e 2325 di Bernardo Buontalenti che rappresentano due studi per la stessa grotta, il primo dei quali ne è l'intero prospetto dove del colosso è lo schizzo in mossa poco dissimile a quello eseguito; il secondo è una delle parti laterali esterne. Chi poi visita il R. Museo Nazionale, vede nella sala delle terre invetriate il bozzetto del Colosso, che è indicato dalla Guida "per il Visitatore" compilata dal signor Arturo Campani con queste parole: «Attribuito a Gio. Bologna. Bozzetto in terra cotta senza invetriare, in piccole proporzioni, della figura colossale dell'Appennino, eseguito da Gio. Bologna nel parco della già villa Medici, ora Demidoff, a Pratolino. — Acquistato dal dott. Alessandro Foresi il 14 egosto 1866.» — L'incisione in rame del colosso appoggiato al monte, colla parte orientale del bosco, eseguita da Stefano della Bella, trovasi nella Descrizione Sgrilli e nel detto corridoio della R. Galleria.​
(4) A proposito della, esecuzione di questa figura enorme, racconta il Baldinucci, 1. c, «che nocque ad alcuni discepoli del Giambologna, quali persero la mano a lavorare in opere d'ordinarie dimensioni. Il più danneggiato fra costoro a tale motivo, si fu certo Antonio Marchissi di Settignano, che tornato a lavorare nello studio del maestro dovè adattarsi ad una diminuzione del salario perchè il giudizio dell'occhio non gli faceva fare più nulla di buono.»
(5) Lettere pittoriche del Bottari.
(6) Di quanto abbiamo descritto, attualmente resta soltanto la massa del colosso è la grande vasca.

 

 

Curiosità


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