Canapone
“Canapone” partì, non tornò, ma rimase"
ADDIO CANAPONE. Motteggio scherzoso rivolto a persona amica, che abbia capigliatura biondo-stoppa, simile per colore a quella del mite granduca Leopoldo II, a cui i fiorentini, che lo avevano visto nascere nel 1791, e che, per tanto, lo consideravano uno di loro, avevano affibbiato, fra l'irrispettoso e l'affettuoso il nomignolo di "babbo Canapone". il quale babbo, tuttavia, in seguito al noto Plebiscito del marzo 1860 per l'annessione della Toscana al Regno d'Italia, che conteggiò ben 366.571 "sì" contro solo 14925 "no", si allontanò definitivamente da Firenze, seguito dall'eco di un altro motteggio, questa volta addirittura con accompagnamento musicale, se senza tanti preamboli sentenziava che:
"l'albero pende, le foglie cascan giù: codini andate a letto, i' babbo un' torna più!"
Nel novembre 1869, desideroso di passare l’inverno in un clima più mite di quello della Germania, Leopoldo II tornò in Italia e si stabilì a Roma, dove venne ben accolto dal Pontefice, e dove ebbe l’occasione di incontrare molti sudditi toscani. Aveva settantadue anni, ed era di salute malferma. Leopoldo venne colpito da una grave “affezione catarrale” portandolo alla morte il 28 gennaio 1870. Nei suoi ultimi momenti di vita, raccontano i suoi fedeli amici, gli venne chiesto se la sua coscienza era tranquilla, aveva fermamente risposto: “Tranquillissima”.
Le solenni esequie di Leopoldo si svolsero nella Basilica dei SS. Apostoli perché lasciando la Germania, quasi lo sentisse, il Granduca aveva chiesto di essere sepolto nella parrocchia che lo avesse visto morire, visto che esalò l’ultimo respiro in via delle Tre Cannelle. Altro solenne funerale venne celebrato dai toscani residenti a Roma, nella Chiesa di San Giovanni de’ Fiorentini. Le spoglie di Leopoldo II restarono nella basilica dei SS. Apostoli fino al 26 febbraio 1914 quando vennero trasportate a Vienna per essere sepolte nel sepolcreto degli Asburgo.
“Fiorin di canna / e Leopoldo gli è scappato a Vienna / pol’essere, ma in Toscana e un’ ci ritorna / fiorin di canna…”. Così cantavano i fiorentini salutando la partenza del granduca il quale, se era ritornato da Gaeta nel 1849, non avrebbe rivisto la Toscana dopo il 1859. L’autore vide giusto ma come si diceva gli “mancò un verso”. Non riuscì a prevedere che la memoria del Granduca non avrebbe mai abbandonato la Toscana, dove la gente aveva sì cacciato “l’austriaco”, ma conservava un buon ricordo del “babbo di tutti”.
Canapone rimase a Livorno proprio al centro di Piazza Dante tutto avvolto in panni classici, mentre solleva con tenera mano una madre assillata dai figli e problemi (è la Maremma da lui “rigenerata”) e come racconta l’iscrizione con “Benefizio immortale” mentre schiaccia col piede l’orrenda serpe della malaria. Non dimentichiamo poi Livorno che di statue ne ha ben due, la prima fatta da Emilio Demi nel 1847 la quale venne tolta due anni dopo dai livornesi. Durante lo spostamento il granduca perse il naso e dopo qualche ammaccatura finì in magazzino. La seconda statua venne scolpita da Emilio Santarelli nel 1859 ed anziché metterla nel magazzino vicino all’altra, i livornesi le cambiarono l’iscrizione: ci scrissero che la dinastia Austro-Lorenese era incompatibile “con l’ordine e la felicità della Toscana”. Anche cambiando la scritta Livorno continua ad onorare Leopoldo collocando la statua del Demi, chiusa in magazzino per decenni, in piazza XX settembre. Le lapidi che ricordano il Granduca sono sparse un po’ ovunque in Toscana e perciò si può dire, anche con un punta di orgoglio campanilistico, che “Canapone” partì, non tornò, ma rimase.
la Toscana fu governata da quattro granduchi della dinastia Asburgo-Lorena...
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Politica europea è "grande gioco" tra potenze dal '700 in poi. Effetti fino al '900.