I cambiamenti di Leopoldo II
dal 1824 al 1830
Tratto da Licurgo Cappelletti, Austria e Toscana, sette lustri di storia 1824 - 1859, Torino, Fratelli Bocca, 1918
Leopoldo II inaugurò il primo anno del suo regno coll'abolizione della tassa sul sigillo delle carni e proventi dei macelli, che fruttavano all'erario 300,000 lire annue a scapito dell'agricoltura, della pastorizia e del commercio dei bestiami. Nella relativa notificazione del 16 novembre 1824 veniva dichiarato che la suddetta tassa, «oltre il naturale suo peso si distingue per essere opposta nel tempo stesso agl'interessi dei proprietari e dei consumatori. Essa è puranco contraria alla legislazione economica stabilita sotto il regno glorioso del mio Avo immortale; onde per lungo esperimento diviene qui evidente quanta pubblica prosperità produca la somma di tutte le industrie tradizionali eccitate da una libera e leale concorrenza; e quanto danno rechino i privilegi e prerogative che, abbagliando con molto lume in alcuni punti, spargono oblìo sopra lutti gli altri lasciati nella oscurità». L'oggetto preso di mira ed i sentimenti espressi con queste testuali parole nella predetta ordinanza, risparmiano qualunque commento e riflessione, mentre richiedono uno schietto e meritato encomio. L'abolizione di questa tassa ebbe vigore col 1° di maggio del 1825.
La Direzione del Dipartimento delle Reali Finanze era stata tenuta, fin dal 1814, dal Consigliere cav. Leonardo Frullai), il quale morì quasi contemporaneamente al granduca Ferdinando III. Gli fu sostituito, in via provvisoria, il cav. G. B. Nomi, il quale per molti anni aveva coadiuvato il Frullani medesimo. Ma pochi mesi dopo, cioè nel novembre del 1824, il granduca Leopoldo scelse come Direttore di quell'importante dicastero il Consigliere cav. Francesco Campirà. Egli apparteneva ad onorata famiglia di mediocri possidenti di Terricciola nelle colline pisane; e dotato d'ingegno «più sodo che splendido» godeva meritata riputazione di giureconsulto valente. Già fin dal principio della restaurazione del 1814, aveva tenuto l'ufficio di Avvocato Regio, per cui tutti i più gravi all'ari dello Slato erano da lui conosciuti, non esclusi quelli che si riferivano a materia di finanza.
Leopoldo II di Toscana in un ritratto di Pietro Benvenuti, 1828.
Nella sempre lodevole veduta di prediligere l'industria agraria, fondamento precipuo della prosperità toscana, fu emanato il motuproprio del 4 dicembre dell'anno 1825, che diminuì la quarta parte della tassa prediale regia. In questo motuproprio si leggono le seguenti memorabili parole: «Se fu grato al nostro cuore di far godere dal 1° dello scorso maggio ai nostri amatissimi sudditi i vantaggi dell'abolizione di un'antica tassa (quella dei macelli), dannosa non meno ai consumatori che ai proprietari ed agli agricoltori, molto più consolante è il potere, nel volgere del corrente anno, accordar loro ulteriore alleviamento ai pubblici aggravi. Portata da noi la più seria attenzione sulla proprietà fondiaria, e dopo esserci assicurati, che quando circostanze impreviste non sopravvengono, lo stato della finanza permette una diminuzione della tassa prediale, abbiamo determinato di ordinare, ecc., ecc.». Lo Zobi, ricordando questo benefizio ottenuto dai Toscani nei primi 18 mesi del regno di Leopoldo, esclama: «Un Sovrano cbe principia a regnare con simili alti di generosità, è già bene incamminato sul sentiero che mena alla gloria, tanto più se egli discende da altri regnanti famosi per virtù rare, siccome avveniva in questo caso».
Il granduca Ferdinando III aveva deliberato di fondare un Educatorio femminile pel ceto più elevato; il principe, suo successore, portò a compimento il disegno paterno (R. Decreto, 15 novembre 1824) dell'Istituto della SS. Annunziata, doviziosamente fornendolo di elette discipline, le quali in processo di tempo hanno prodotto frutti corrispondenti, sì in Toscana che nelle altre provincie italiane. La granduchessa Maria Anna Carolina, consorte del granduca Leopoldo, ne assunse la superiore direzione, in ciò coadiuvata dai deputali cav. Vincenzo Peruzzi e comm. Vincenzo Antinori. Il manifesto, da essi pubblicato in data del 23 marzo del 1825, fu trovato così savio, che persuase ben presto molti genitori toscani e forestieri ad affidare l'educazione delle loro figlie al nuovo Istituto, salito poi in molto credito per l'esemplarità delle allieve in esse formatosi.
Nel maggio del 1825, l'imperatore d'Austria si recò a Milano, accompagnato dal principe di Metternich, Cancelliere dell'Impero. Corsero ad ossequiarlo il re Francesco I delle Due Sicilie, accompagnato dai suoi ministri Medici e Ruffo, i duchi di Lucca e di Modena, Maria Luigia duchessa di Parma e il cardinale Albani, rappresentante il papa Leone XII. Anche Leopoldo II andò in Lombardia per ossequiare il capo di sua famiglglia, ma senza condur seco alcun ministro. Carlo Felice, re di Sardegna, rimase nei suoi Stali; ma l'imperatore, il re di Napoli e il principe di Metternich si recarono a Genova, dove soggiornava il Re Sabaudo; mentre il granduca Leopoldo tornava subito a Firenze.
Un fausto evento allietava intanto la famiglia granducale. Il 1° d'aprile, la granduchessa Maria Anna Carolina dava alla luce una seconda figlia, alla quale furono imposti i nomi di Augusta Ferdinanda Luisa (1).
Leopoldo II volle che la nascita di questa bambina fosse solennizzata con atti di beneficenza. La istituzione del Corpo degl'ingegneri per provvedere alla migliore direzione delle acque ed alla manutenzione dei lavori di ponti e strade, era cosa reclamata dalla sicurezza e della comodità pubblica. I così detti provveditori delle strade comunali, che ad esse accudivano in passato, mancavano di regolamenti adatti; e più spesso non possedevano la capacità necessaria per conservare le opere esistenti, e per immaginare con intelligenza, giudizio ed economia i nuovi lavori di tal genere. Tale istituzione pertanto fu in questo senso provvidissima; ma poiché gl'ingegneri di circondario furon posti sotto la immediata dipendenza di un Consiglio centrale dirigente, le Comunità non trovarono in essi un semplice ministro dei loro voleri e deliberazioni, sivvero un altro tutore. Ci fu chi vide nel Corpo degli ingegneri un'istituzione invadi tri ce delle Libertà municipali (2). Ciò in parte era vero; ma non bisogna dimenticare che il bene universale non si può acquistare senza qualche sacrifizio della libertà individuale.
Il governo di Leopoldo II credette pertanto necessario di cercar modo di accrescere le rendite del regio erario, dappoiché al medesimo si erano dati gli oneri, dei quali i municipi erano stati liberati. La fabbricazione dei tabacchi era, per appalto, in mano di uno straniero (3), fino all'anno 1814. Grandi erano i benefici, che ne ritraeva. Fu ordinato tiri nuovo incanto, e se ne ebbe un cànone di gran lunga maggiore senza aggravio dei consumatori.
Nel 1816 fu istituita una nuova Banca di Sconto, la quale era stata condotta poco felicemente a conto dell'Erario. Questo nuovo Istituto di credito, che doveva procedere per interesse di una società di azionisti con partecipazione dello Stato, ebbe mezzi più larghi per venire in aiuto dell'industria e del commercio, e col suo ordinamento seppe subito inspirare tanta fiducia che il numero delle azioni lasciate al concorso privato fu largamente coperto.
Un dotto frate genovese, il padre Tommaso Pèndola, scolopio, aprì in Siena, sotto gli auspici del principi, un Istituto per educare ed istruire i sordomuti, il quale ben presto si acquistò una celebrità per tutta quanta l'Italia.
Ma l'impresa, che doveva dare maggior gloria a Leopoldo II, fu il bonificamento della Maremma grossetana, impresa invano tentata dall'avolo suo, e verso cui lo inclinavano di preferenza la tempra dell'ingegno e la qualità degli studi da lui prediletti. Onde condotto seco il Fossombroni, che veniva reputato il maggiore idraulico del suo tempo, si dette a percorrere con esso la Maremma, a visitarne i luoghi più infetti dalle acque insalubri e più micidiali alla vita dell'uomo e degli animali; e sul disegno di lui statuì quali asciugamenti di paludi si farebbero, come si eseguirebbero le colmate, e s'incanalerebbero i torrenti e i fiumi spagliantisi per le deserte campagne, senza fermo letto né stabili argini.
Sempre accompagnato dal Fossombroni, il principe visitò, fra gli altri luoghi, le tenute di Bolgheri e Castagneto, antichissima proprietà della nobile famiglia dei Gherardessa. Desiderò vedere tutti i lavori di bonificamento in essa incominciati dal fu conte Camillo intorno all'anno 1780, colla direzione idraulica del famoso Ximenes, e proseguiti per cura del conte Guido Alberto della stessa illustre prosapia. Osservò con somma soddisfazione quali ostacoli è dato di superare alla volontà persistente, congiunta all'industria ed alla intelligenza; requisiti necessari in coloro, che vogliono assumere simigliatiti imprese.
Dietro l'esempio dei bonificamenti territoriali, ordinati da Leopoldo I (4), il marchese Ubaldo Ferroni ed il ricordato conte Camillo Della Gherardessa, risolvettero di fare altrettanto nelle loro proprie possessioni bisognose dei soccorsi dell'arte per asciugare il suolo onde avere aria salubre; il primo a Bella Vista in Val di Nievole, e il secondo nella detta tenuta di Bolgheri e Castagneto nella Maremma volteranna. Ambedue le intraprese ebbero un esito felice rapporto ai lavori idraulici, e per conseguenza hanno efficacemente contribuito a rendere vieppiù prosperose le condizioni economico-agrarie della Toscana.
Nella tenuta del conte Della Gherardessa si videro, dopo non lungo volger di tempo, numerose bande di bestiami domestici, che trovarono pingue pascolo ove, in addietro, stagnavano acque fetide e limacciose; e ove erano foreste praticate soltanto dagli animali selvaggi e nocivi. Qui sorsero fabbricati e comode abitazioni per gli accresciuti abitanti e per gli armenti, invece di miserabili tuguri e capanne; qui si videro estesi campi, che produssero ubertosi frutti; qui sorsero ampie strade vicinali per comodo degli agricoltori, e spaziosi canali per lo scolo delle acque nel prossimo mare; qui si ebbero boscaglie ricche di vegetazione e di rendita, perchè una giudiziosa manutenzione fu posta in osservanza nel custodirle, e nel fare le piantagioni e tagliate.
Volle poi il munifico principe dare al conte Guido Alberto Della Gherardessa un attestato della sua sovrana soddisfazione, per i floridi bonificamenti eseguiti a Bolgheri, inviandogli le insegne di commendatore dell'Ordine del Merito sotto il titolo di San Giuseppe.
Nel medesimo tempo, emanò il memorabile motuproprio, che annunziava il divisamento di voler prosciugare dalle acque stagnanti la ferace quanto inferma provincia di Grosseto, al fine di renderla popolata e coltivata, conforme ci sono argomenti e testimonianze per credere che così fosse in remola età. E ne commise l'eseguimento ad Alessandro Manetti, idraulico ed ingegnere di merito, giovine di età e bramoso di acquistar fama insieme col favore del principe.
Da principio, il granduca aveva affidata la direzione degli opportuni lavori ad una commissione economicoidraulica, alla quale, nel 1833, fu sostituito un ufficio presieduto, per la parte idraulica, del direttore del Corpo degli Ingegneri, che era il sunnominato cavaliere Alessandro Manetti, e per ciò che spettava alla parte economica, dal cav. Giacomo Grandoni, Provveditore della Camera di Soprintendenza comunitativa di Grosseto.
Le munificenti cure del Principe non si arrestarono e commettere il semplice bonificamento idraulico della pianura grossetana, ma ne estesero le provvidenze ai territori di Piombino e di Orbetello. Il prosciugamento dello stagno di Scarlino presso Follonica fu opera lodevolissima, la quale diede ubertosità alla campagna, e salute agli abitanti.
Troppo lunga sarebbe la narrazione del modo e dei mezzi, posti in opera dal Manetti per raggiungere il nobilissimo intento: ma non possiamo tacere della parte, che personalmente vi prese il principe fino dal primo momento; «il che — dice il Baldasseroni — non sarà alcuno, il quale non riconosca esser dovuto spesso riuscire di gran vantaggio a vincere le gravi e molto difficoltà, che seguitavano l'impresa (5)».
Quali e quante furono le cure, colle quali fu sapientemente provveduto a tutti i bisogni inerenti alla grande impresa, sì nel primo periodo della medesima che negli anni successivi, può leggersi nelle Memorie sul bonificamento delle Maremme toscane del cav. Ferdinando Tartini, segretario, in quel tempo, della Direzione generale del Corpo degli Ingegneri, e nel libro più recente intitolato: Il Comm. e le sue opere. Ma a queste cure prese gran parte il principe, il quale spesso ed a lungo recavasi sui lavori; e dopo essere stato il promotore dell'opera, si associava all'azione direttiva della medesima, ne divideva le pene, incoraggiava quanti concorrevano a quella e nulla più aveva a cuore quanto rimuovere le difficoltà che vi si opponevano.
Io mi ricordo benissimo (avevo allora circa 12 anni) di aver veduto a Piombino, mio luogo natale, il granduca Leopoldo II, circondato da ingegneri e da guardie del bonificamento (era questo il suo stato maggiore), percorrere le campagne adiacenti, perlustrare il littorale, discutere col cav. Alessandro Manetti, che lo accompagnava dovunque, di paduli, di colmate, di case coloniche, ecc., ecc.; e tutti sanno com'egli prendesse personalmente parte a tutti i fatti, che dovevano portare all'esecuzione dell'idea del Fossombroni, cioè che «la Maremma Grossetana doveva essere conquistata».
E questa conquista avvenne dipoi, se non totalmente almeno in gran parte; e se lo scopo non fu allora completamente raggiunto, non se ne deve incolpare il principe, ma gli eventi impreveduti, i quali ne impedirono l'esecuzione. I Grossetani, molti anni appresso, nella piazza maggiore della Città eressero un monumento marmoreo al Rigeneratore della Maremma (6).
(1) Il 19 novembre del 1822 era nata la primogenita, che venne chiamata Maria Carolina Augusta Elisabetta.
(2) Così pensa lo Zobi nel suo libro intitolalo: Manuale storico delle massime e degli ordinamenti economici vigenti in Toscana, pag. 386.
(3) Era questi il cavaliere Giovali Gabriele Eynard di Ginevra.
(4) Riguardo a questi bonificamenti ordinati dal granduca Pietro Leopoldo, veggasi il citato libro dello Zobi, Manuale storico delle massime e degli ordinamenti economici, da pag. 181 a pag. 189.
(5) Baldasseroni, op. cit. Pag. 71.
(6) Per dimostrare vieppiù le grandi cure del granduca per la sua Maremma, dovrebbero consultarsi le Lettere scientifiche e familiari del prof. Francesco Pucciuotti (Firenze, Le Monnier, 1877), nelle quali l'illustre scienziato parla delle premure del Granduca per la Maremma Grossetana. A pag. 464 e segg., leggesi una lettera diretta da Leopoldo li al Puccinotti, in data di Firenze, ti aprile 1845, nella quale il Principe parla, con vera competenza, di alcuni paduli da colmarsi nella Maremma grossetana, ed affida al Puccinotti l'incarico di esaminare il padule suddetto, e di riferirne in proposito, affinchè il Governo possa prendere i necessari provvedimenti.
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