Fiorentini ciechi e pisani traditori
Anche Dante (Commedia, Inferno, C. XV., v. 67), accoglie tale tradizionale attestazione,
affermando che i fiorentini sono così conosciuti:
Vecchia fama nel mondo li chiama orbi.
Fiorentini ciechi e pisani traditori è un detto che deriva dall'astio che Firenze aveva, e ancora ha, con la città di Pisa. Precisamente da cosa deriva questa espressione?
Per capire l'espressione dobbiamo andare nel centro della città, a quel “mio bel San Giovanni” di dantesca memoria. Una volta giunti al Battistero si deve guardare la porta del Paradiso, ai lati di questa entrata ci sono due colonne in porfido che rappresentano una rarità per Firenze: nonostante la grande rivalità con la città di Pisa, i suoi abitanti donano dono ai fiorentini due obelischi nel 1117.
Il regalo dato per la protezione fatta dai fiorentini alla repubblica marinara, mentre questa era impegnata nella guerra contro i pirati saraceni nelle isole Baleari. Per poter intraprendere questa spedizione Pisa sarebbe rimasta sguarnita di soldati a presidio della città, per questo chiese aiuto a Firenze, imponendo anche la richiesta di far accampare il proprio esercito non dentro le mura, ma all'esterno. Firenze accettò e mantenne la parola data fino al ritorno vittorioso dell'esercito pisano.

I pisani per ringraziare i fiorentini decisero di regalare le due colonne frutto della recente razzia contro i musulmani. I due oggetti però avevano una particolarità, si affermava che si potesse vedere il volto di coloro macchiati dal reato ma rimasti impuniti, perché sconosciuti alla legge.
I fiorentini grati decisero di portare a Firenze le due colonne facendogli risalire con la massima attenzione il fiume Arno su un barcone e una volta arrivate ci sarebbe stata una grande festa per accoglierle.
La sorpresa per i fiorentini fu diversa da quella aspettata, una volta scoperte si vide che in realtà le colonne non riflettevano il volto dei malfattori, anzi non rispecchiavano nulla, erano opache; questo perché i pisani a malincuore avevano donato ai fiorentini le lucide colonne e la notte precedente all'imbarco per Firenze avevano creato un grande fuoco intorno agli obelischi in modo tale da poter privare in maniera permanente la lucentezza, di conseguenza la possibilità di vedere il riflesso.
A questo punto si può affermare che non si trattò di un dono ma di un imbroglio, che incrementò l'astio tra le due città.
Dopo due secoli ai fiorentini non era ancora passata la rabbia per questo inganno e nel 1362 quando l'esercito gigliato conquistò il porto pisano e due grandi catene di ancoraggio tolte del porto, trasportate a Firenze e poste proprio sulla facciata del battistero pendenti dalle due colonne.
Storia o Leggenda:
in una Firenze, in fase di rinascita e crescita, rinascevano e ricrescevano pure i cattivi e di quelle colonne ne avrebbrero fatto buon uso. Naturalmente la richiesta di queste colonne era una scusa per mettere Pisa nella situazione di rifiutare e scatenare cosi quella rabbia che avrebbe portato ad una guerra contro di loro. Per evitare uno scontro con Firenze le colonne vennero donate, ma Pisa si prese una rivincita: pisani pieni di ostilità, per le pretese, vollero affumicare le colonne con lo scopo di eliminare per sempre quel potere che i fiorentini tanto bramavano. In seguito, le colonne, le mandarono a Firenze accompagnate da una imponente processione. L'affumicamento funzionò cosi bene, che a tutt'oggi, non si riesce a distinguere i disonesti dai galantuomini. (Piero Bargellini da Strade di Firenze)
Durante l'ultima guerra, nell'anno del Signore del 1944, vennero rimosse le Porte del Paradiso per mettere questi capolavori al sicuro dai bombardamenti, e dietro l'intelaiatura di bronzo trovarono un'epigrafe, anzi uno strambotto ("strambo" o "strano" e "motto", componimento lirico popolare) e cita cosi:
L'anno milletreciensessantadue i guelfi ghibellini fer guerra sopra il pisano per mare e per terra. Levar dal porto le catene sue. Queste son desse e l'ammiraglio fue Messer Perin Grimaldi Genovese che arse il porto pisano et il paese. E nel sessantaquattro seguente furon sconfitti e con le nostre brigate ne venner qui quarantadue carrate. (Piero Bargellini da Strade di Firenze)
©Riccardo Mugellini