29 Gennaio 2018 · 8137 Views

Schiave orientali a Firenze, quarta parte


Come siasi introdotto e diffuso in Firenze il traffico delle schiave orientali.
Parte Quarta e ultima


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Alla scoperta degli antichi luoghi del proibito



IV

All'epoca difatti cui ci riferiamo, il periodo epico della repubblica fiorentina erasi ormai chiuso. Dopo la sublime invettiva di Dante moltissimi fatti già si erano compiuti, altri si erano iniziati e si venivano tuttora svolgendo, dai quali poteasi facilmente dedurre che, in mezzo allo splendore delle arti e ad un commercio fiorente (1), il sentimento della libertà erasi negli animi assai illanguidito, che le istituzioni politiche decadevano e quasi fatalmente si camminava verso la perdita della libertà. Dopo una serie non interrotta di riforme politiche, risultato delle quali era pur sempre stato un restringimento delle istituzioni democratiche, Firenze avea provato anche la tirannia di un signore, del Duca d'Atene, e se l'opera concorde del popolo l'avea per vero ben presto abbattuta, pure, trentanni appresso, quando i Ciompi insorgevano contro la borghesia grassa e minuta, di mezzo all'agitarsi di questi si veniva già designando la futura signoria dei Medici.
E la decadenza delle istituzioni politiche trovava pure la sua piena ragione nella generale decadenza, cui inesorabilmente era trascinato il mondo medioevale.
Ormai la sintesi medioevale si spezzava, e frammezzo alle rovine di quel mondo cadente risorgeva splendido e affascinante il mondo antico. Ma la conseguenza naturale ed immediata di questa profonda rivoluzione degli spiriti dovea pur essere dapprima un fluttuare ansioso e tempestoso degli animi stessi tra le tendenze così diverse dei due mondi, quindi una corsa precipitosa in quel pervertimento dei costumi, che si era insinuato nella società, assai prima del 1350, (2) e che non era quindi solo un risultato della moria, come lamentarono i cronisti d'allora e ripetè il Bongi, ma assai meglio un portato, una manifestazione necessaria del nuovo atteggiamento preso dalla società, in quel periodo di transizione, che stava percorrendo. Su chi dovesse più gravemente influire questa corruzione è facile capire; era la famiglia quella che dovea risentirne più immediatamente le conseguenze; e fu pure la famiglia che in ispecial modo dovette subire i danni della presenza delle schiave in Firenze. Ad essa adunque, alle sue condizioni vogliamo ora rivolgere lo sguardo.


Affresco della Fecondità,  si trova sulla grande parete delle Fonti dell'Abbondanza a Massa Marittima​
 

V

La costituzione della famiglia italiana nel M. E. fu il risultato della fusione di due opposti elementi, il germanico ed il romano. «La famiglia romana, scrive il Villari (3), avea avuto il suo fondamento nel dispotismo paterno, la famiglia germanica l'avea avuto nei vincoli del sangue e nell'attitudine alle armi; la famiglia italiana l'ebbe nella prevalenza degli agnati (4), nella solidarietà dei suoi membri tra loro collegati, per cui essa stessa era una delle mille associazioni che avevano autonomia nello stato. L'unità della famiglia assai forte, ma più per interesse e per ragioni politiche, che per la sua giuridica costituzione. Pure tutti gli interessi della famiglia si trattavano in comune , e nella lotta e nella gelosia continua coi vicini i domestici affetti si stringevano. La base della famiglia medioevale adunque, se la nostra deduzione dalle parole dell'Illustre Professore è giusta, era specialmente politica; la sua unità dipendeva da ragioni di caste, di consorterie, di partiti; l'amore, quando c'entrava, c'entrava come sussidiario. E difatti la fanciulla rimase fino al secolo XVI quasi affatto estranea al contratto, che vincolava lei ed il suo avvenire ad un uomo, cui spesso non conosceva, ad una famiglia, che l'accoglieva con ostentata freddezza o con mal celato disgusto (5). — Ora, ciò posto, facciamo che si mutino le condizioni politiche; che, perduta la loro ragione di essere, sciolgansi i vincoli già tanto potenti delle consorterie, delle caste, dei partiti; è evidente che la famiglia si vedrà scossa nelle sue basi; gettiamola poi in una società, che si rinnova radicalmente, di cui il carattere dominante è il trionfo esagerato dell'individualismo, e la famiglia stessa si disorganizzerà del tutto. Nè essa potrà ricomporsi che quando l'amore prenda il posto assegnatole dalla natura, e la donna pure abbia acquistato maggiore importanza. Ma queste due condizioni mancarono al secolo XIV e al XV: l'amore, non disciplinato dagli affetti di famiglia, prese le vie più strane e più contro natura. E già durante il secolo XIII ed il secolo XIV, poi per tutto il corso del secolo XV noi ci troviamo, proprio in Firenze, dinanzi ad un fatto dei più deplorevoli; il sodomitismo vi prende una così larga diffusione, che non basta a frenarlo la creazione di un apposito magistrato, ma ad ogni piè sospinto noi ci imbattiamo in provvisioni dei Priori obbligati a porre sempre nuovi e più gagliardi argini all'irrompere di questo torrente devastatore, ad infliggere nuove e più aspre condanne ai colpevoli, a minacciare pene sempre più gravi ai recidivi; e vediamo pure dovunque il meretricio protetto e considerato come un efiicace rimedio contro altri più nefandi delitti, finché esso medesimo, per la rapida diffusione presa, viene dalla legge combattuto e severamente punito.
Ed ecco ora quale era la condizione della donna.
« Le novelle, soggiunge il Cecchi, sono piene di fatti, nei quali la donna, lavori d'astuzia o si governi con animo grande, è pur sempre contrattata e venduta come oggetto qualunque; niun riguardo le è usato dalla legge, e meno poi dal pubblico costume». «Conseguenza naturale di questo stato di cose era una specie di avversione al matrimonio, avversione che andò aumentando per modo, che, dopo aver istituito il monte delle doti (6), la repubblica di Firenze si vide costretta ad accordare beneficii speciali a chi entro un certo limite di tempo prendesse moglie e a minacciare delle pene a chi nol facesse» (7). Ora, date tali condizioni, le quali dal secolo XIV in poi si vennero sempre più esplicando e spesso assai aggravandosi, qual ambiente meglio preparato all'introduzione ed alla diffusione delle schiave orientali? Esse venivano opportune ad appagare le voglie lascive di giovani e vecchi, ponendo così un nuovo impedimento alla ricostituzione della famiglia, nonostante che di lì venisse un freno al sodomitismo e al pubblico meretricio.
 


Certo il quadro che noi abbiamo tentato di dare delle condizioni della famiglia nel 1300 e nel 1400 non deve essere esteso a tutte le famiglie fiorentine; per quanto deprezzata dai suoi contemporanei, la donna non era caduta tanto in basso, e così universalmente come le novelle ci potrebbero far credere.
Leggendo le lettere dell'Alessandra Strozzi (alle quali dovremo spesso richiamarci) ci è facile comprendere come proprio nel massimo infuriare della corruzione molte famiglie sfuggissero a questo elemento deleterio. E Firenze e la storia della civiltà medesima ricorderanno sempre con commozione e con orgoglio quelle madri, come l'Alessandra Bardi, la Strozzi medesima, l'Alberti, la Medici, le quali seppero mantenere ed infondere nei loro figli il sentimento dell'onestà. Ma tuttavia anche in queste case, nel seno stesso di queste famiglie le schiave penetrarono e non tardarono ad esercitare la loro influenza; tanto ormai esse erano considerate come un bisogno della società medesima, in cui si viveva!
Con ciò noi crediamo di avere risposto al primo quesito, che ci eravamo proposti cioè d'aver sufficientemente spiegato le ragioni, per le quali, alla distanza di poco più di mezzo secolo dall'abolizione della schiavitù della gleba, potè introdursi e diffondersi in Firenze il traffico delle schiave orientali. Quale fosse la natura e l'estensione di esso nei due secoli XIV e XV, quale specialmente la condizione delle schiave di fronte ai loro padroni, allo stato ed alla società, è quanto ci proponiamo ora di ricercare. Ci saranno per ciò di guida anzitutto i documenti e le attestazioni dei contemporanei, che potemmo raccogliere nelle Biblioteche e nell'Archivio di Stato di Firenze, poi i lavori già pubblicati da parecchi eruditi e riferentisi ad altre città, colle quali cercheremo appunto di mettere in relazione Firenze, perchè meglio risulti l'indole del fatto che stiamo esaminando.

 

Prima parte
Seconda parte
Terza Parte
Quarta Parte

 

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Alla scoperta degli antichi luoghi del proibito



Agostino Zanelli, Le schiave orientali a Firenze nei secoli XIV e XV, Firenze, E. Loeschner, 1885.

(1) Anche il commercio del resto avea circa il 1330 subito una scossa piuttosto forte. «Gli impegni dell'Inghilterra, della quale moltissimi banchieri fiorentini erano creditori, colla Francia le fecero sospendere tutti i pagamenti; di qui il fallimento dei banchieri fiorentini: allora cominciarono le dissenzioni in città. . . . difficile divenne allora la condizione del governo Guelfo, e non solo i timori del commercio diventarono generali in Firenze, ma questo stato di cose si fece tanto più grave nell'impoverita repubblica, dove erano tutti mercanti, dove l'amministrazione dello stato era in mano di industriali banchieri speculatori.» (Peruzzi, Op. cit. Pag. 450).
(2) v. in proposito quanto scrive il Capponi [Opera già citata. — E più triste, più fosco ancora assai è il quadro che della moralità in Firenze nella I metà del secolo XIV ci dipinge il Perrens (Tom III, Op. cit. a pag. 318-20) appoggiandosi all'autorità del Sacchetti, del Boccaccio. In quelle pagine l'Autore prende specialmente di mira la corruzione del clero alto e basso, e la decadenza del sentimento religioso in tutta la società. — Da ciò possiamo facilmente argomentare le condizioni della moralità pubblica e privata, alla quale la breve tirannia del Duca d'Atene avea pur recato un gravissimo colpo.
(3) Villari. La famiglia e lo Stato, (Politecnico, 1868).
(4) agnato s. m. [dal lat. agnatus, propr. part. pass. di agnasci «nascere vicino»]. – In diritto romano, parente in linea maschile, unito da legami di agnazione.
(5) V. il lavoro del Cecchi Sulla donna e la famiglia italiana dal secolo XIII al XVI — (Nuova Antologia, Ottobre 1878), ed il Burckhardt (La civiltà del rinascimento in Italia. (Trad. del Valbusa).
(6) Monte delle doti, un’istituzione che garantiva ad ogni famiglia, attraverso un prestito ad interesse, la formazione del capitale necessario per la costituzione delle doti delle figlie nubili.
(7) Pagnini Op. cit. — Un'altra conseguènza, e fors'anche causa insieme di quest'avversione al matrimonio era un aumento grandissimo nel lusso delle donne, contro il quale la repubblica fiorentina prese sovente delle serie provvisioni con le così dette leggi suntuarie. Ne abbiamo ricordanza nel 1306, 1330,. 1355-88 e 96. (V. in proposito Beato Dominici, Del Governo della famiglia; Firenze, 1860). E a proposito dell'avversione al matrimonio e del gran lusso delle donne ci piace riportare qui un brano di una lettera di Alessandra Strozzi al figlio Filippo.
« .. .. Ma altrimenti non mi pare da darsene ora pensiero, e massimo essendo il temporale che corre al presente; che de' giovani che sono nella terra, volentieri si stanno sanza donna: e la terra è in cattivo termine e mai si fece le maggiori espese adosso alle donne, che si fa ora. Non è sì gran dota, che quando la fanciulla va fuori, che tutta l'ha in dosio tra seta e gioie .... » (Lettere di una gentildonna — Firenze, 1877, pag. 548. — Lett. 11 gennaio 1465).

 

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