Gli abiti nel tempo dei Guelfi e Ghibellini

Gli abiti nel tempo dei Guelfi e Ghibellini


Giovane fiorentino a cavallo.
Abbiamo molti esempi del gusto pei cavalli della gioventù Italiana del medio evo; dessa ne faceva grandissimo uso e nei passeggi e nei militari esercizj. Buondelmonte montava un cavallo bianco allorché venne assassinalo in Firenze per vendetta degli Uberti. Questa morte diede origine alle crudeli dissensioni dei Guelfi e dei Ghibellini. I nobili Italiani assistevano a cavallo alle feste pubbliche, e Machiavelli nelle sue Storie Fiorentine ci racconta, all'anno 1300, l'origine in quella città delle dissensioni fra i Bianchi ed i Neri. « Era del mese di Maggio, così egli, nel quel tempo e ne' giorni festivi pubblicamente per Firenze si festeggia. Alcuni giovani pertanto dei Donati insieme con i loro amici a cavallo a veder ballar donne presso a S. Trinità si fermarono, dove sopraggiunsero alcuni de' Cerchi, ancora loro da molti nobili accompagnati:, e non conoscendo i Donati che erano davanti, desiderosi ancora loro di vedere, spinsero i cavalli in tra loro, e gli urlarono, donde i Donati tenendosi offesi strinsero le armi, a' quali i Cerchi gagliardamente risposero, e dopo molte ferite date da ciascuno e ricevute si spartirono. Questo disordine fu di molto male principio, perché tutta la città si divise, cosi quelli di popolo come quelli de' grandi, e le parti presero il nome dai Bianchi e Neri. Erano capi della parte Bianca i Cerchi ... I Donati dall'altro canto erano capi della parte Nera ecc. ».
Il giovane che vi presentiamo al N. 1 della Tav. 17 è copiato da un quadro di Vanni conservato nell'Accademia delle Belle Arti a Siena. Questa pittura rappresenta il Trionfo della Morte di Petrarca: molti giovani a cavallo precedono il carro della crudele Divinità. Questo che fu scelto dal Bonnard porta in capo un berretto scarlatto, la giubba è di un tessuto d'oro, la sopravveste è scarlatta ed ornata d'una guarnizione d'ermellino* la cintura è nera, i suoi lunghi calzoni sono gialli: la sopravvesta è ornata di ricami d'oro ed allacciata sul petto da un cordoncino nero: la bardatura del cavallo è dorata, la staffa e lo sperone sono di ferro.

Giovane Italiano.
Questo giovane italiauo, N. 2. Tav 17. sudd. porla un cappello di color violitto ornalo di ricami d'oro ; la giubba è di velluto chermisino e ricamato al pugno: la parie sul petto è di stoffa d'oro, e le aperture lasciano vedere la giubba di velluto. La sopravveste è di dommasco verde con una cintura e con ricami d'oro ed ha le maniche guernite di pelliccia bruna: i calzoni sono color di lacca con ricami d'oro al di sopra del ginocchio: gli stivaletti sono di cuojo giallognolo.

Cappello usato nel 1448.
Si trovano spesse volte ripetizioni di questo cappello e specialmente nelle pitture di Giotto, d'Orcagua e di Berna di Siena siccome pur anche in molti monumenti di Lombardia e sembra che esso fosse generalmente in uso.

Maniera di salutare.
La maniera di salutare era in que' tempi simile alla nostra: si alzava il cappello oppure si tirava in dietro il cappuccio se la testa n'era coperta: se ne trovano alcuni esempi nel manoscritto di Tito Livio del XIV. secolo che conservasi nella Biblioteca Ambrosiana a Milano. Sembra che l'uso degli stivaletti appartenesse particolarmente agli abitanti dell'Italia Settentrionale. Il Bonnard trasse questo costume dalla gran Bibbia del Duca d'Urbino.

Costume plebeo.
Se i costumi dei semplici e poveri cittadini delle città libere d'Italia nei secoli XIII. e XIV non si distinguono per la profusione de' ricchi ornamenti che brillano sugli abiti della nobiltà, non sono essi nulladimeno privi affatto d'interesse, qualora si rifletta che l'industria attiva di quei laboriosi artigiani era la sorgente perenne della prosperità e della potenza delle repubbliche Italiane.
Il presente costume fig. 3 Tav 17 è copiato dalle pitture di Simone Martini nel capitolo degli Spagnuoli di Santa Maria Novella a Firenze. Egli è gran peccato che in mancanze di memorie, la tradizione non abbia potuto almeno conservare i nomi di tutti i personaggi di cui quel pittore dipinge i ritratti. Questa figura non può essere distinta se non col titolo di plebea, dimostrando assai chiaramente la semplicità del suo vestilo che non può dessa appartenere se non alla classe del popolo.

Uso del cappuccio.
E' d'uopo osservare cerne l'uso del cappuccio sia stato generale nei secoli X1II e XIV, ma che, perdutosi a poco a poco nel seguente secolo, restò esso come un attributo particolare ai monaci. Nessuno ignora, che l'abito dei religiosi non sia stato inventato a capriccio, ma bensì derivato da quello usato all'epoca della istituzione di ciascun ordine e che quei religiosi abbiano scelto a preferenza ed anche come prova di umilia il costume dell'infima classe del popolo. Un palandrano giallo con bottoni neri, un cappuccio del medesimo colore e la calzatura nera, ecco tutto il costume della presente figura.

Artigiano, Tribuno o gonfaloniere di un arte.
La classe del popolo componevasi principalmente degli artigiani e de imercanti della città. Ciascun arte aveva il suo tribuno o gonfaloniere, il quale, al bisogno, riuniva sotto la sua bandiera tutti gli uomini inscritti nella sua compagnia. Quando temevasi di qualche tumulto o di qualche sedizione nella città, ciascun artigiano prendeva le sue armi, e mettevasi sotto la bandiera dell'arte sua, gridando co' suoi compagni: vivano le arti ed il popolo.
Finalmente questi medesimi artigiani erano gli arbitri della pace o della guerra: trattavano alleanze difensive ed offensive coi loro vicini. Spesse volte escludevano dalle magistrature i nobili od almeno i cittadini più potenti, e se accordavano loro qualche impiego pubblico, non era se non dopo che eransi quelli fatti registrare nelle matricole dei corpi delle Arti.

Classificazione delle arti.
I corpi delle arti a Firenze, come nella maggior parte delle città libere di Toscana, erano classificati in arti principali o maggiori, ed in arti inferiori o minori. Le arti maggiori, all'epoca della riforma dell'anno 1266, furono in numero di sette, i giudici, cioè, ed i notai, i mercanti di panni di Francia, ossia l'arte di Calimala, i cambiatori, Parte dei setajuoli e merciai, i medici e gli speziali, l'arte della seta e finalmente l'arte dei vasai e dei pellicciai. Più tardi, nel 1582, furono aggiunti quattordici altri corpi di arti, che chiamaronsi le arti minori. Tali furono i beccai, i calzolari, i fabbri ferrai, i conciatori di pelli, i magnani, gli armaioli, i sellaj, i venditori di liquori, gli osti ecc. Qualsisia cittadino, il quale aspirava ad un impiego doveva necessariamente essere inscritto in uno di questi ventun corpi di arti; era d'uopo cioè, che egli medesimo od alcuno de' suoi antenati fosse stato approvato o matricolato, sia che esercitasse o no quella professione.
La figura dell'artigiano che vi presentiamo sotto il N. 4 della Tav. 17. è copiata da una miniatura che serve di frontespizio ad una collezione di Statuti della repubblica di Siena. Ha il berretto azzurro con una fascia rossa: l'abito di sopra è color di lacca foderato di verde, quello di sotto è azzurro e la calzatura è rossa. L'uso del berretto prevalse a quello del cappuccio sul finire del secolo XV.

Mercanti.
Uno de' fenomeni politici del tempo delle repubbliche Italiane il più difficile di ben comprendere a' nostri giorni è quello di trovare riunite nelle medesime persone la magistratura, la politica, le arti ed il commercio.

Ambasciatori della repubblica scelti dai corpi delle Arti.
Incorrerebbe in grave errore colui, il quale volesse supporre che gli ambasciatori mandati dalla repubblica presso i Principi stranieri, fossero persone registrate solamente per formalità alle matricole dei corpi delle arti, senza che desse le esercitassero in fatto. Giovanni di Mone è celebre negli Annali della Storia Fiorentina: fu egli incaricato di diverse ambascerie e rese alla sua patria importanti servigi. Quest'uomo nondimeno era un semplice mercante di grani e siccome i pubblici impieghi a lui affidati lo distornavano dal suo commercio a grave detrimento de' suoi privati interessi, egli perciò lagnossene in pieno consiglio e, per pubblica deliberazione, fugli assegnata una pensione annua di 300 fiorini.
Sarebbe assai facile il rinvenire nelle cronache di quei tempi mille altri esempi per provare che in un governo, il quale aveva per base il commercio, non eravi per un cittadino nulla di indegno fuorché l'ozio.
Il mercante N. 5. della tavola suddetta è tratto dalla miniatura che somministrò il costume N. 4 della stessa tavola: porta un berretto azzurro con fascia verde: il mantello è azzurro, l'abito rosso scuro, la borsa nera e la calzatura azzurra.
I monumenti Inglesi del secolo XIV. presentano essi pure un costume di mercante, il quale ha molta analogia col suddetto.
Una pietra sepolcrale di Benedetto Cola, mercante Romano morto nel 1420 e tumulato nella chiesa de' SS. Celso e Giuliano offre pure la medesima analogia. Trovasi essa anche ne' costumi dei mercanti, che erano in uso a quell'epoca in Francia ed in Germania.
Dottor Giulio Ferrario, Aggiunte all'Opera il Costume Antico e Moderno, Firenze, Per V. Batelli e Figli, 1837.

 



 

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