La peste del 1348

La peste del 1348 è un punto di rottura nel fervore culturale di Firenze, arrestando il crescente sviluppo artistico della città. Artisti di spicco come Maso (1), Bernardo Daddi (2) e Andrea Pisano (3) Giottino (4) sono vittime dell'epidemia, mettendo in crisi la spinta innovativa testimoniata dalla pittura di Giotto (5).

La peste diventa uno spartiacque, dando inizio a una stagione nel secondo Trecento caratterizzata da spinte irrazionali e teocratiche nell'arte.
Recenti studi mettono in dubbio il collegamento causale tra la peste e le rappresentazioni espressionistiche dei Trionfi della Morte, affrescati in chiese e camposanti toscani. La datazione anticipata di tali opere rispetto al 1348 sfida l'idea che l'irruzione del Macabro fosse strettamente legata all'Apocalisse imminente della Morte Nera. Il 1348 segna il ritorno della peste in Occidente, portando a una revisione delle interpretazioni storiche. Il Boccaccio (6), nel suo racconto, svela gli aspetti inumani e inquietanti della pestilenza, descrivendo morti disperate e bestiali. Firenze subisce oltre 100.000 decessi, e il Boccaccio registra la tragica cifra di oltre 45.000 vittime, il 50% della popolazione, un costo agghiacciante che rimane inciso nella memoria.

Gli studi moderni tendono a ridimensionare l'eccezionalità della peste nera, inserendola in un contesto di carestie e contagi ciclici. Tuttavia, nonostante la familiarità del Trecento con la morte, la peste del 1348 diventa leggendaria nella memoria collettiva, per la sua violenza micidiale che si abbatté su una popolazione incapace di fermare il morbo.
Le città trecentesche, vulnerabili all'epidemia diffusa dalle galere genovesi, reagiscono con sgomento a un flagello sconosciuto e indomabile. La descrizione delle pustole nerastre del carbonchio, delle enfiature nei linfonodi e dei sintomi devastanti, come occhi accesi, sputi di sangue e vomito, crea un quadro terribile di una malattia per la quale non c'è rimedio. La peste del 1348 si trasforma così in un evento leggendario, lasciando un'impronta profonda nella storia di Firenze e dell'intera Europa medievale.

"After the Black Death" di Millard Meiss

Il rapporto tra la peste e l'arte, in particolare la pittura del secondo Trecento, è stato oggetto di attenzione, soprattutto grazie al libro "After the Black Death" di Millard Meiss (7) pubblicato a Princeton nel 1951. L'opera di Meiss propone la tesi che la peste nera del 1348 abbia determinato una sterzata regressiva nella pittura fiorentina, portando a una tendenza trascendente e teocratica nel secondo Trecento.
Tuttavia, negli anni successivi, alcune critiche hanno messo in discussione la validità di questa interpretazione, suggerendo che le visioni di Meiss potessero essere influenzate dalle suggestioni del periodo postbellico. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la proiezione inconscia delle tendenze figurative contemporanee di Meiss, influenzate dalla pittura astratta del dopoguerra, abbia condizionato la sua interpretazione della pittura neomedievale e antigiottesca di Andrea Orcagna (8) e dei suoi seguaci a Firenze. Orcagna, attivo tra il 1343 e il 1368, è noto per un approccio rituale, macchinoso e ornato al gotico fiorentino.
La prospettiva proposta da Meiss sacrificava pittori di grande bellezza, come Giottino, attivo a Firenze tra il 1350 e il 1370, e si basava su un nesso consequenziale tra la tragedia della peste e la sua esorcizzazione nei Trionfi della Morte in pittura. Tuttavia, nuovi accertamenti cronologici hanno messo in discussione questa interpretazione, datando il Trionfo della Morte di Buffalmacco (9) nel Camposanto di Pisa (10) al 1340-1343.

 Giovanni Antonio Bazzi, o de' Bazzi, detto il Sodoma (Vercelli, 1477 – Siena, 15 febbraio 1549).
Stendardo di San Sebastiano, anno 1525, Galleria degli Uffizi, Firenze.

Contrariamente a questa prospettiva, studi storici recenti, come quelli menzionati da Boccaccio, suggeriscono che lo choc traumatico causato dalla pestilenza possa portare facilmente a una ricerca sfrenata della vita e dello sfarzo, piuttosto che a una tendenza teocratica. La decimazione della popolazione aveva concentrato i capitali e favorito una rinascita della vita lussuosa, cancellando rapidamente la memoria della lotta per il cibo durante l'epidemia. 
L'abbondanza di zucchero, miele e confetti, anche se prescritti dalla farmacopea per i malati, rifletteva una società che aveva superato le difficoltà della peste. In questo contesto, l'iconografia di san Sebastiano, simile ad Apollo nella sua bellezza androgina, rappresentava una figura cristianizzata che intercettava simbolicamente frecce mortali, offrendo protezione alle genti indifese delle città. 
L'immagine del santo poteva talvolta apparire, scherzosamente, come un puntaspilli, come notato da Giulio Carlo Argan (11) di fronte ai dipinti con l'immagine protettrice di san Sebastiano.

(1) Maso di Banco è stato un pittore italiano attivo nel Trecento, particolarmente a Firenze. Maso nel 1348 era uno degli artisti di spicco colpiti dalla malattia.
(2) Bernardo Daddi era un importante pittore fiorentino del Trecento. La sua morte durante la peste del 1348 rappresenta una perdita significativa per la scena artistica.
(3) Andrea Pisano era uno scultore e architetto italiano, noto per i suoi contributi nel campo dell'arte gotica. La sua scomparsa durante la peste ha influenzato il panorama artistico e culturale
(4) Giottino (Giotto di Maestro Stefano). Presunto allievo di Giotto, attivo a Firenze tra il 1350 e il 1370. La sua opera e la sua carriera sono influenzate dagli eventi legati alla peste.
(5) Giotto è stato uno dei più celebri pittori e architetti del periodo. La sua innovativa sintassi figurativa ha segnato un'epoca nella pittura italiana.
(6) Giovanni Boccaccio, noto scrittore e poeta italiano. Nel suo lavoro, ha descritto vividamente gli effetti devastanti della peste del 1348 a Firenze.
(7) Millard Meiss era uno storico dell'arte statunitense autore di "After the Black Death" (1951), che propone la tesi che la peste abbia avuto un impatto significativo sulla pittura fiorentina nel secondo Trecento.
(8) Andrea Orcagna (Andrea di Cione). Artista poliedrico del Trecento, noto per la sua attività come pittore, scultore e architetto. La sua opera riflette le influenze della peste e dei cambiamenti culturali del tempo.
(9) Buffalmacco. Pittore italiano del Trecento, noto per il suo affresco "Trionfo della Morte" nel
(10) Camposanto di Pisa. La datazione di quest'opera è stata oggetto di dibattito in relazione agli eventi della peste.
(11) Giulio Carlo Argan. Storico dell'arte italiano, figura di riferimento nel XX secolo. Nel contesto, sembra aver scherzato sulla rappresentazione di san Sebastiano in relazione alla peste.

Bibliografia:
- Il Medioevo (secoli XIII-XIV). Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco - Edizione in 75 ebook
- Il Decameron, o Decamerone, cento novelle scritte da Giovanni Boccaccio nel XIV secolo, probabilmente tra il 1349 e il 1351 o il 1353
 

 

 

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