Venere accovacciata
La scultura, attualmente alla Galleria degli Uffizi, viene menzionata per la prima volta nell'inventario di Villa Medici, una residenza granducale a Roma, nel 1670, dove rimase fino al 1780/88, quando fu trasferita a Firenze insieme ad altre importanti opere d'arte.
La statua mostra una graziosa Afrodite accovacciata durante il suo bagno, mentre si volge verso lo spettatore e cerca di nascondere il petto e il pube con le sue mani. Questo tipo di rappresentazione iconografica, ampiamente celebrato nell'antichità e una fonte di ispirazione per gli artisti rinascimentali, è noto attraverso numerose copie ed è stato identificato come la Venere attribuita dallo scrittore romano Plinio il Vecchio allo scultore Doidalsas. Ci sono varie varianti e riproduzioni, ma gli studiosi concordano sul fatto che l'archetipo, cioè la prima creazione, potrebbe risalire alla metà del III secolo a.C., presumibilmente commissionata da Nicomede I, re di Bitinia.
La statua di Afrodite degli Uffizi presenta un modellato delicato che mette in evidenza le forme morbide e rilassate del ventre; nonostante l'improvvisa nudità, il gesto di modestia rivela un'eleganza quasi studiata, confermata dallo sguardo vivace e diretto verso l'osservatore. Un bracciale gioiello adorna delicatamente il braccio sinistro, mentre i capelli sono raccolti in un'acconciatura articolata e raffinata, con morbidi riccioli che cadono sulla schiena nuda. Tuttavia, la testa attuale è il risultato di un restauro successivo.
Commissionata da Ferdinando III con contratto stipulato il 6 giugno 1817.
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