Via Pellicceria
"Una volta si chiamava Via dei Pellicciai, perché si trovavano i laboratori e i negozi di pellicciai. Più lunga e più stretta dell’attuale, la strada partiva, nel Medioevo, dalla Chiesa di San Biagio, nell’attuale Piazza di Parte Guelfa, e giungeva alla chiesa di San Pier Buonconsiglio, che si trovava dove attualmente troneggia grottesco l’Arcone di Piazza della Repubblica.
Vi avevano case e torri le più antiche famiglie fiorentine, gli Strozzi, i Tornabuoni, i Pigli o Pilli, i Melegonnelle. Vi ebbero la propria sede l’Arte dei Medici e degli Speziali e l’Arte degli Oliandoli e Pizzicagnoli. Vi si trovavano molte botteghe dei ramai, di linaioli, di formai, di tralicciai e soprattutto di vaiai e pellicciai.
Arte dei Vaiai e Pellicciai
Le pellicce, molto importanti se lavorate dagli artigiani fiorentini, erano di largo uso, prima di ogni altra cosa per la conservazione del calore. Chi per ragione professionale doveva star seduto o al banco, o sulla cattedra o sulla scanna, aveva bisogno, nella stagione invernale d’un rivestimento di pelliccia. Il Petrarca, nel suo testamento, lasciava cinquanta fiorini al Boccaccio, perché l’amico scrittore si comprasse una zimarra impellicciata, e non gelasse studiando e scrivendo nella sua casa di Certaldo.
Le case medievale, se proteggevano dal caldo estivo, non difendevano dal freddo invernale, e il poeta Folgore da San Gimignano, nel cantare la vita d’inverno, indicava come elemento di benessere, “lenzuol di seta e coperto di vaio”.
Lo stemma dei pellicciai era formato dal “vaio” bianco e nero, con l’Agnello mistico (Agnus Dei) dell’Arte della Lana in un riquadro azzurro nella parte superiore, il loro protettore San Jacopo.
Via Pellicceria, 1880 circa
Forse sarà interessante ricordare che il vaio era un animalino, simile allo scoiattolo con la pancia bianca. Tante pelli di vaio, a forma di piccoli scudi, riuniti e alternati di bianco e di scuro, costituivano il normale rivestimento dei vestiti invernali. Il nome stesso dell’animale proveniva dall’uso che si faceva della sua pelliccia, Varius, con tutti i suoi derivati compreso quello di “vaiolo”, per la pelle macchiettata.
Nelle case signorili anche le pareti venivano “vaiate”, cioè ricoperte di piccole pelli, che, alternate di bianco e nero, formavano un grazioso motivo ornamentale. Nelle case più modeste ci si contentava soltanto della vista, dipingendo le pareti a vaio.
E mentre i privati foderavano di vaio le loro zimarre, i notai e i magistrati lo mostravano di fuori in segno della loro dignità, tanto che “vestirsi di vaio”, significava accingersi ad un’impresa importante, mentre l’altro proverbio ammoniva: “L’asino porta il letame e la bruttura, il vaio ricopre la mala ventura”.
Altre pellicce, portate in vista, indicavano dignità e cariche. Si andava alla pelle di lupo per i priori delle arti fino alla pelle d’ermellino per i Re.
Dalla necessità e dell’utilità era facile passare alla superfluità e all’ambizione, specialmente nei riguardi delle donne, che sfoggiavano pelli e pellicce per ostentazione di ricchezza e d’eleganza.

Via Pelliccieria, 1880 circa
Le leggi suntuarie vietavano, con cautela per non danneggiare l’Arte, le pellicce più costose e raffinate, ma le donne fiorentine trovavano sempre il modo di eludere la legge.
Franco Sacchetti racconta di un povero giudice di ragione, incaricato di elevare una contravvenzione alle donne troppo ornate, ma che trovavano il modo di discolparsi. Ne vede una con una pelliccia di ermellino e pensa: “Che potrà opporre costei?”. La ferma e le intima: “Voi portate gli ermellini! – e la vuole scrivere. La donna dice: “Non iscrivete, no, che questi non sono ermellini, anzi sono lattizzi – Dice il notaio: - Che cosa è questo lattizzo? – E la donna risponde: - E’ una bestia” (era un vitellino, che poppava ancora).
Lungo la via dei Pellicciai si apriva una piazza allungata, detta Piazza dei Pilli o de’ Pigli, che prese il nome di Piazza del Monte di Pietà, quando, nel quattrocento, vi venne aperta l’istituzione benefica promossa dal Beato Bernaldino da Feltre, per proteggere il poveri dagli usurai.
Purtroppo tutto sparì, case, torri, botteghe, quando il Centro storico venne sventrato e l’antica arteria divento solo una larga strada, lungo la quale sorse poi il nuovo Palazzo delle Poste, allineato con i Portici di Piazza Vittorio Emanuele, ora della Repubblica".
Bargellini Guarnieri, volume IV "le strade di Firenze", pagg 79/80
Giuseppe Conti:
[...] Dopo San Pier Buon Consiglio s'entrava in Pellicceria, dove c'erano i ramai, alcuni linaioli e tralicciai e fornai. A destra andando verso Porta Rossa si trovava il Chiasso del Mangano, ove fino ai nostri tempi è esistito l'antico mangano in uso fin dall'epoca della Repubblica, e che serviva per dare il lustro alle stoffe quando le levavano dalla gualchiera. Cotesto mangano consisteva in un gran piano di marmo liscio, dove si stendeva la stoffa su cui scorrevano i rulli sui quali pesava un enorme masso, che veniva messo in movimento da un meccanismo speciale quanto primitivo a guisa di bindolo o guindolo, girato da un cavallo.
In faccia al Mangano la Piazza del Monte di Pietà e poi Via de'Cavalieri e Via Lontanmorti e tutto quel ginepraio di vicoli e straducole e chiassoli dai nomi di antiche famiglie e molti anche curiosi e singolari: Vicolo del Refe nero, del Ferro, degli Erri, e del Guanto; il Chiasso de' Limonai che da San Miniato fra le Torri metteva in Porta Rossa; e Vie del Fuoco, de' Naccaioli, degli Stracciaioli, della Vacca, la Piazza degli Amieri, ove ebbe le case e la Torre la famiglia a cui appartenne Ginevra, celebre per essere stata sotterrata viva: Piazza dell'Abbaco, de' Pollaioli, de' Succhiellinai ed altre molte, che portavano i nomi delle più antiche famiglie fiorentine. [...]