Il Circo Gratta di Evaristo Caroli

Il Circo Gratta e Evaristo Caroli
I commenti sulla pagina Facebook degli amici del Circo Gratta.
Firenze Poco Conosciuta.
 

Nella vostra ricerca del particolare poco conosciuto, arriverete sicuramente in via Pietrapiana dal parcheggio di Sant'Ambrogio oppure scendendo da via del Corso. In qualsiasi modo ci arrivate sicuramente noterete il Palazzo delle Poste, in angolo con via Verdi, ebbene non ci credereste ma prima che il famoso architetto G. Michelucci costruisse questo palazzo, qui risiedeva per molti giorni l'anno, il famosissimo Circo Gratta. Questo circo stazionava in Campo di Marte tre mesi l'anno ma portava, in via Pietrapiana, un piccolo tendone o forse no, dove si esibivano alcuni artisti dello stesso circo. Lo guidava il capostipite: all'anagrafe faceva Evaristo Caroli, ma per tutti era semplicemente "Il Gratta", un clown di altri tempi, iniziato al mestiere circense dalla nonna. Insieme a lui la moglie Sara, brava cavallerizza, i loro sei figli (già esperti trapezisti, giocolieri, acrobati), e un ben assortito gruppo di amici. C'erano i comici (un nome per tutti: Ugo Benci, detto Ughino), i cantanti, la cartomante e il suonatore di mandolino. E naturalmente c'era lui, il Gratta, che affidava la sua arte ad una straordinaria mimica facciale e ad una brillante abilità verbale. Io non ho ricordi del circo, ma i miei genitori lo ricordavano con piacere, personalmente mi ricordo confusamente solo la costruzione del Palazzo delle Poste finito due anni prima dell'alluvione del 1966. Concludo dicendo che in questo circo si esebiva Romano Cecconi, l'Uomo-Donna, col nome d'arte "Romanina", famoso transessuale italiano, ebbe la carriera stroncata, come cantante, da un parroco di paese che tuonò dall'altare "In quel circo c'è un diavolo tentatore" e poi chiamò le forze dell'ordine.
 


Targa in Piazza dei Ciompi


Notizie trovate in rete del Circo Gratta:
 

[...] Gratta era l' idolo dei bambini. Aveva una riconoscibilissima risata-urlo, gli scarponi ed oltre 100 sketch in repertorio con parodie di opere quali Il barbiere di Siviglia. Gratta fu uno dei primi circhi senza animali. Unica eccezione i cani ammaestrati di Gino Piancastelli. Vera star era il comico Ughino Benci: appariva intorno alle 23 in giacca color panna che gli stava tre volte, avanzava in pista e trasformava in arte il racconto di barzellette tipo questa: "Signore, in piscina non si può fare la pipì". "Ma la fanno tutti". "Già, ma mica da i' trampolino"!
Nel '63, a Campo di Marte, vicino a Gratta, si esibiva un circo sontuoso come quello di Orlando Orfei. Così, Evaristo Caroli dovette fare un appello al suo pubblico: «Andate pure a vedere le belve feroci da Orfei, ma non tradite il vostro Gratta». Un applauso interminabile fu il segno di fedeltà eterna. Fra gli spettatori più fedeli c' era il cantante Tony Renis che intorno alla fine degli anni '50 si recava spesso a cenare con gli artisti sotto il tendone verde del circo [...] continua  La Repubblica
 

"Soltanto d’estate avveniva il prodigio dell’arrivo del Circo Caroli (detto popolarmente Circo Gratta, dal nome d’arte del Clown capostipite della famiglia Caroli).
Succedeva che un bel giorno - giugno, luglio o agosto non ricordo - arrivavano 3 o 4 carrozzoni colorati e come per magia nel prato disperato e bellissimo di piazza dell’ Isolotto si alzava il tendone delle meraviglie, il paese delle risate, il vero Festival di Sanremo dell’Isolotto... continua". http://www.isolotto.net/con/paolo/


[...] Le due parti dello spettacolo che mi sono rimaste sempre più impresse sono senz'altro quella del suo numero personale con l'abito da pagliaccio e quella dove faceva l'equilibrista guidando una moto. Il numero del pagliaccio era molto particolare, c'erano sì è vero alcune cadute ed anche martelloni di plastica, ma soprattutto era costituito da un lunghissimo monologo dove Gratta raccontava barzellette ed aneddoti che avevano come tema principalmente la politica. Ripensandoci oggi mi appare strano come un bambino così piccolo potesse capire quelle battute eppure senz'altro era così perché tutti ridevamo come matti. L'altro numero, infine, era quello dove Gratta guidava una moto scassata legata al palo al centro della pista e facendoci sopra ogni sorta di esercizio di equilibrismo. Ricordo ancora l'immenso puzzo che ammorbava l'aria alle sgassate di quel piccolo uomo  che percorreva chilometri semplicemente girando, convinto forse che un giorno con quella moto sarebbe davvero potuto tornare da ogni suo amore abbandonato lungo il percorso di quella carovana di camion arrugginiti di un'Italia allora modesta e forse mediocre ma senz'altro stracolma di bambini sempre pronti ad attenderlo e che lo sarebbero stati anche una volta diventati uomini di un mondo senza più circhi da aspettare di nuovo  e con troppe promesse da tendoni sbiaditi mai mantenute durante un tempo fragile di amori e di baci tristi accavallando le gambe sempre di fronte all'ultimo bar della sera [...] Continua




Morte del "Gratta", da "La Nazione" 16/06/1989

 

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