I bronzi di San Casciano dei Bagni

Le ventiquattro statue di bronzo
San Casciano dei Bagni

 

Ricostruzione del Santuario

Il 9 novembre 2022, è stato annunciato uno dei più significativi ritrovamenti archeologici degli ultimi cinquant'anni in Italia, paragonabile ai celebri Bronzi di Riace. Durante le ricerche svolte da un team internazionale di archeologi e esperti dell'Università per Stranieri di Siena nel mese di ottobre, presso il santuario etrusco-romano di Bagno Grande a San Casciano dei Bagni, è stato scoperto un tesoro straordinario. Questo straordinario reperto include 24 sculture in bronzo, numerosi ex-voto in bronzo e una vasta collezione di 5.000 monete in oro, argento e bronzo.

San Casciano dei Bagni, un piccolo comune situato nella Val d'Orcia, nella provincia di Siena, è sempre stato celebre per le sue sorgenti termali. In questa zona, sono state individuate ben 38 sorgenti naturali, tra cui spicca la sorgente di Bagno Grande, che sgorga con una portata di 90.000 litri d'acqua all'ora e una temperatura di 42°C. Le acque termali di San Casciano dei Bagni sono rinomate per le loro proprietà curative, riconosciute e sfruttate sin dall'antichità, persino nell'epoca del Tardo Bronzo. Ancora oggi, le terme sono molto frequentate e utilizzate. Tuttavia, l'epoca di maggiore affluenza nell'area coincide con l'età pre-romana e romana.

L'esistenza di un rilevante sito archeologico romano a San Casciano dei Bagni è documentata sin dal Rinascimento, con riferimenti che risalgono al 1585. Nel XVIII secolo, il parroco del paese, don Francesco Manciati, effettuò le prime esplorazioni non ufficiali. Le attuali ricerche archeologiche sono concentrate nelle aree prossime alla sorgente di Bagno Grande, dove è stato scoperto un vasto santuario strettamente legato alla sacralità delle acque termali. Questo santuario fu in uso dal III secolo a.C. fino al V secolo d.C., quando l'arrivo del cristianesimo ne decretò l'abbandono. Attualmente, gli studiosi stanno investigando sulla struttura romana risalente all'epoca imperiale.

Altare della Fortuna Primigenia (Courtesy Ministero della Cultura)

Questo edificio, in forma quadrangolare, fu eretto nell'ultima fase dell'età augustea, all'inizio del I secolo d.C., sopra le fondamenta di una struttura tardo-etrusca precedente. La presenza continuativa dei siti sacri etruschi durante il dominio romano costituiva una componente del processo di "romanizzazione", il quale segnava l'integrazione politica degli Etruschi a Roma, dopo lunghe epoche di conflitti. In questa trasformazione, numerosi siti sacri etruschi, specialmente quelli associati al culto delle acque termali, considerate sacre sia dagli Etruschi che dai Romani, furono notevolmente valorizzati con opere monumentali.

Dopo un incendio avvenuto alla fine del I secolo d.C., il santuario fu restaurato nel secolo successivo e rimase in uso fino all'arrivo dei Cristiani nel V secolo d.C. Questi ultimi non demolirono l'edificio, ma lo abbandonarono rispettandone la sua antica sacralità. Numerosi reperti epigrafici e figurativi hanno rivelato i nomi delle divinità protettrici del santuario. Tra gli ex-voto, le iscrizioni votive e le eccezionali statue in bronzo recentemente scoperte, sono emerse divinità benefiche cui venivano attribuite proprietà curative e poteri di guarigione.

Le divinità che popolavano il santuario di Bagno Grande includevano Apollo, Esculapio, Igea, Iside e Fortuna Primigenia. I devoti compivano rituali di purificazione e depositavano doni presso le sorgenti, seguendo un percorso che li guidava dall'entrata del santuario fino alla vasca sacra, il luogo di massima sacralità. Proprio all'interno di questa vasca è stato rinvenuto il più grande tesoro di sculture in bronzo dell'antica Italia, permettendo così la ricostruzione del suo contesto originale.

Altare di Apollo (Courtesy Ministero della Cultura)

Durante le complesse operazioni di scavo all'interno della vasca sacra, dove una pompa idrica operava costantemente per evacuare l'acqua a un ritmo di 15 litri al secondo, gli archeologi hanno fatto una scoperta straordinaria. Le 24 statue in bronzo, tra cui 5 di quasi un metro di altezza, si presentavano in uno stato di conservazione eccezionale grazie alle acque termali calde in cui erano immerse. Le proprietà chimiche di queste acque, caratterizzate da una bassa concentrazione di zolfo e una ricca presenza di argilla, hanno permesso ai reperti di preservarsi in un ambiente privo di ossigeno.

Oltre alle statue, sono emerse iscrizioni in etrusco e latino che risalgono al periodo precedente alla creazione delle opere. La datazione dei reperti, compresa tra il II secolo a.C. e il I secolo d.C., è confermata proprio dalle iscrizioni, che menzionano i nomi delle influenti famiglie dell'Etruria interna, come i Velimna di Perugia e i Marcni dell'agro senese, insieme a quelli romani. Questo costituisce una prova concreta di un periodo di transizione e integrazione culturale tra la civiltà etrusca e quella romana, nonostante le guerre e i conflitti, in cui entrambi i popoli condividevano pratiche rituali.

Le sculture in bronzo di San Casciano raffigurano le divinità venerate nel santuario, accanto a piccole figure bronzee che rappresentano organi o parti anatomiche che richiedevano l'intervento curativo delle divinità attraverso le acque termali. Tuttavia, l'aspetto più straordinario di questa scoperta risiede nella possibilità di ricreare il contesto originale del rito. In esso, si possono vedere le influenti famiglie del II-I secolo a.C. offrire doni alle acque e agli dei per ottenere cure e salvezza. Quando i Romani restaurarono il santuario durante l'epoca imperiale, le offerte e le statue ornamentali che caratterizzavano la fase più antica furono posizionate all'interno della vasca e sigillate con rispetto, conservando il loro valore simbolico e sacro fino ai giorni nostri.

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