Magliano in Toscana

Magliano in Toscana
Da vedere

—  Situato a 130 metri di altezza, sulla vetta pianeggiante di un colle alla cui base scorre il torrente Patrignone affluente dell'Albegna e, quantunque in situazione non elevata, tuttavia, non avendo innanzi alcun poggio, gode di un'ampia e bella veduta di Orbetello, del promontorio Argentario, dell'isola del Giglio e del seno di Talamone. È cinto di solide mura di pietra lavorata, con castello e tre chiese, fra cui la parrocchiale di San Giovanni Battista. E un paese dove un tempo lontano regnavano le febbri malariche per i miasmi che provenivano dai paduli di Talamone, Alberese e Camporegio.
Ha due frazioni: Montiano ad ovest e Pereta a sud. Prodotti principali sono: grano, olio, formaggio e un tempo anche il carbone. Negli immensi pascoli si fa grande allevamento di bestiame.
Da Magliano in poco tempo si arriva alle rovine archeologiche dell'antica Saturnia, a nord sono le saline di Pereta, e, non lungi a sud-est, la chiesa di San Bruzio , la cui architettura, secondo il Repetti, mostra di essere anteriore all'invasione dei Barbari nelle Maremme senesi.
Più lungi a ovest, sui monti dell'Uccellina, fra l'Alberese e la laguna di Talamone, è l'antico castello dei Marsigli di Siena, detto Collecchio Vecchio. La grande diroccata torre (fig. 1) principale del castello ci ricorda la Bella Marsilia, dalla bella Margherita, figliuola di Nanni Marsigli, la quale fu rapita da corsari turchi nella Cala di Forno.
La parte superiore del poggio su cui siede Magliano (fig. 2) si compone di un terreno ove, dopo il solito macigno, si affacciano le creste conchiglifere e le sabbie ricche di molluschi fossili marini del pliocene. Un tempo dal territorio, fertile anzi che no, c'erano alcuni importanti giacimenti di zolfo misto a solfuro di antimonio e di ferro idrato.

Fig. 2

Cenni storici. 
— Qualcuno suppone che Magliano (Manlianum Fundum) derivi dai Manlii romani (la solidità e la forma delle sue mura (fig. 3) lo farebbero però credere piuttosto etrusco che romano) e quantunque siano stati scoperti nel suo contado avanzi di antiche mura di vasta periferia che indicherebbero l'esistenza antichissima di una popolazione numerosa, tuttavia non sono che congetture, anche se plausibili. 

Fig. 3

La memoria più antica di Magliano si ha da un documento del maggio 1097, scritto appunto in Magliana ove sin da quel tempo signoreggiavano i conti Aldobrandeschi di Suana, confermati poi in quella signoria da un diploma dell'imperatore Federico II del maggio 1221. I discendenti di quella famiglia concessero, nel 1358, in enfiteusi (2), per la somma di 4000 fiorini d'oro annui, il castello e il distretto di Magliano alla Repubblica di Siena di cui divennero cittadini con l'obbligo d'inviare ogni anno a Siena, alla festa di Santa Maria nell'agosto, un palio del valore di 10 fiorini d'oro. Da quel tempo in poi appartenne alla Repubblica senese, la quale vi mandò un podestà sin verso il 1558: nel qual anno, caduta quella  Repubblica in potere degli Spagnuoli, Magliano fu ceduta a Cosimo I dei Medici the lo diede, il 1-1- agosto del 1559, a titolo di signoria, al luogotenente generale Cornelio Bentivoglio, il cui discendente Enzio, marchese di Magliano, vendette il feudo, per atto del 20 luglio 1635, al senatore Scipione di Pier Capponi per la somma di 111.000 scudi. Mediante nuove transazioni il feudo tornò nel 1661 alla Corona granducale e Ferdinando II ne investì Cornelio Bentivoglio figliuolo del suddetto marchese Enzio. La medesima concessione feudale fu finalmente rinnovata nel 1738 dal primo grauduca austro-lorenese a favore del marchese Luigi Bentivoglio, il quale lo tenne fino all'abolizionie dei feudi granducali.

In questa vecchia cartolina la chiesa di San Bruzio viene scambiata per un tempio pagano

(1) Unica scampata al massacro Margherita, la giovinetta dagli occhi viola. E non certo per pietà: così giovane e bella rappresentava "l'oggetto" più prezioso del bottino e bisognava non farle male se la si voleva vendere a Solimano II.​ (continua)
(2) L’enfiteusi è un diritto reale su un fondo altrui che attribuisce al titolare (enfiteuta) gli stessi diritti che avrebbe il proprietario (concedente) sui frutti, sul tesoro e sulle utilizzazioni del sottosuolo; il diritto dell’enfiteuta si estende alle accessioni- (Treccani).

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