07 Aprile 2020 · 5375 Views

Massoneria a Firenze

Massoneria a Firenze
 



 
Anche i Rosa-Croce apparvero assai presto in Italia, dove la lotta contro il Papato, espressione alta e forte della libertà del pensiero e della coscienza, era ingaggiata da tempo, ed aveva avuto in Arnaldo, in Fra' Dolcino, nel Campanella, nei Socino, nel Vanini, nel Paleario, nel Bruno, i suoi atleti, i suoi confessori, i suoi martiri. Mondimeno la Massoneria, nel suo significato attuale, non potè impiantarsi in Italia che nel 1733.
In quell'anno il Fratello Carlo Sackville, Duca di Middlessex,  inglese, costituì in Firenze la prima Loggia massonica. Molti inglesi, anche allora come oggi, visitavano Firenze, in cui avevano già larga fama l'Accademia del Cimento e l'Accademia Botanica, istituita dall'illustre Micheli, alla quale i dotti stranieri, come di sé stesso scriveva Voltaire, reputavano l'essere ascritti onore singolarissimo. Essi, scrive lo Sbigoli nel suo libro su Tommasi Crudeli e i primi Frammassoni in Firenze mantenevano assai strettamente le loro usanze e costumi; e poiché la riforma religiosa aveva poco a poco generato presso di loro. massime dopo la cacciata degli Stuardi, una perfetta libertà di pensare, moltissimi fra essi portavano e professavano anche in Italia, nelle materie fìlosofiche e religiose, nuove e ardite opinioni. Le fazioni o sette in cui si dividevano in patria serbavano anche fra noi e tendevano a propagarle. propagando così l'Ordine massonico che nel 1717 si era rinnovato e costituito nel loro paese. I Massoni Inglesi, che convenivano in Firenze, si raccolsero, dunque, per cura del Duca di Middlessex, e formarono la prima Loggia che ebbe sede in Via Maggio, nell'albergo di certo Tasciò, che i fiorentini chiamavano Monsiù Pasciò ed anche Pascione : di quella Loggia fu primo Venerabile un Monsiù Fox, gran matematico ed uomo di molta dottrina, che lo Sbigoli non è alieno dal credere fosse Enrico Fox Iord Holland, padre di Carlo Giacomo, celebre capo dei Whigs, emulo e rivale dì Pitt. Ebbe poi a Venerabili successivi il fondatore Lord Middlessex e quindi Lord Raimoind, tenuto in conto di deista e di miscredente. Da principio la Loggia, in mezzo alla tolleranza del governo dì Giovanni Gastone, ebbe pace e prosperità: ma più tardi, sapuitosi in Firenze della Loggia e del segreto inviolabile che era imposto ai Fratelli, cominciarono i sospetti e le persecuzioni, e Giangastone lanciò un editto contro la Massoneria. Essendo però egli morto poco dopo, i Massoni furono di nuovo lasciati in pace fino a che una Loggia, formatasi intanto a Livorno, composta di cattolici, di protestanti e di ebrei, non acuì i sospetti della Corte Romana che questo miscuglio di uomini di diverse credenze non diflondesse fra i popoli la irreligione e la incredulità. Perciò nel 1738, il Papa Clemente XII lanciò la famosa scomunica.
Il Governo Toscano la comunicò a Francesco Imperatore d'Austria, che era ascritto alla Massoneria, chiedendo istruzioni: l'Imperatore rispose che conveniva, per non offendere la Santa Sede, accettare la bolla, ma non farla eseguire; che in caso di bisogno, rispondessero a Roma che il Gran Duca non ammetteva l'intervento papale: che, ad ogni modo, il Governo non doveva affatto inquietare una Loggia che si occupava tranquillamente dei propri lavori. Questo alto favore del Principe incoraggiò i fratelli italiani che crearono, verso quest'epoca, altre Logge a Livorno, a Milano, a Verona, a Padova, a Vicenza, a Venezia, e nel reame di Napoli.
Però i preti non si acquietarono e si valsero di tutti i mezzi per scoprire il famoso segreto dei Frammassoni ed insistere poi perchè fossero inquisiti e soppressi. Il Medico Bernardino Pupiliani. giovane assai noto e stimato in Firenze, strinse amicizia coll'abate Ottaviano Bonaccorsi ascritto alla Loggia, il quale, con leggerezza deplorevole, gli raccontava giorno per giorno le cose di cui si era parlato ogni sera nelle conversazioni massoniche, dicendogli cbe vi si proponevano questioni teologiche e filosofiche, come ad esempio, «se si dia il moto della terra, se l'anima sia mortale o immortale, se il mondo sia regolato da Dio o dal caso, se vi sia il Purgatorio» ed altre di simile natura. Seppe inoltre il Pupiliani dall'abate ciarliero, che i Frammassoni tenevano la scomunica del Papa in conto di scioccheria. Il Pupiliani. verso la Pasqua del 1730 — anche perchè era invescato nell'amore di certa Caterina Giardi, che accortasi della poca voglia che egli aveva di sposarla, lo aveva accusato di stupro al Tribunale degli Otto — dovendosi confessare, come tutti, credenti o no, per amore o per forza dovevano confessarsi, si confidò ad un prete suo amico, certo Giovanni Giorgio Maria Guadagna, canonico del Duomo, che lo consigliò a purgarsi l'anima e a prepararsi alla Pasqua per mezzo di un corso di esercizi spirituali, affidandolo ai Gesuiti che avevano a tale scopo un magnifico palazzo o Villa sul Colle di S. Miniato. Il Pupiliani si era anche vantato di conoscere i segreti dei frammassoni, quasi fosse uno dei loro.
Il gesuita Benoffi, vicario dell'Inquisitore, confessando il Pupiliani, tanto lo circuì e lo suggestionò, che il Medico disse di molti sospettati come Massoni, che tali egli veramente li riteneva e aggiunse del Dott. Tommasi Crudeli che non era da aversi in concetto di buon cattolico. Il Gesuita scrisse tutto ciò che aveva carpito al Pupiliani sotto il segreto della confessione e se ne giovò più tardi nel processo contro il Crudeli e i frammassoni, come fosse il deposto di un accusatore o di un testimone, A tutto ciò si aggiunsero le chiacchiere e le millanterie dì altro uomo notoriamente scemo, del Cav. Andrea d'Orazio Minerbetti, che al solito, prima al confessore e quindi all'Inquisitore raccontò le eresie e le turpitudini che correva fama si professassero e si commettessero dai frammassoni e le quali quello sciocco riteneva forse vere, quantunque ad ogni uomo che avesse un grano di sale ili zucca, dovessero subito apparire impossibili. Difatti a lui, che non era ascritto alla Loggia, le avevano date ad intendere alcuni buontemponi, che si facevano beffe di lui; ed egli, per darsi importanza, andava raccontandole a mezza Firenze, come le avesse sentite e viste nelle adunanze massoniche. Così l'Inquisizione fiorentina imbastì il processo contro il Crudeli e i frammassoni, ma specialmente contro il Crudeli, che il fervido e mordace ingegno
aveva esercitato contro la Inquisizione e gli Inquisitori. Ma il processo si reggeva sui trampoli, quando si aggiunse contro il Crudeli anche la denunzia, al solito fatta sotto il suggello della confessione, di un suo fratello germano col quale si trovava in discordia. Con questo mezzo in mano, tanto l'Inquisitore si adoperò che il Governo consentì al bando di alcuni Massoni e all'arresto del Crudeli. Il Barone Stosch ebbe l'ordine di uscire entro tre giorni dalla Toscana, e la sera del 9 maggio 1739 in Via de' Bardi una Squadra di sbirri arrestò il Crudeli e lo trasse prima alle pubbliche carceri e poco dopo a quel​le del Santo Uffizio. Fu sottoposto ad interrogatori abili, tormentosi: si voleva che confessasse le empietà e le turpitudini dei fratelli, ma egli negò sempre, così rendendo omaggio alla Verità.
Per la mitezza del Principe, il conforto e l'aiuto dei tratelli che chiedevano grazia e forte si raccomandavano per Iui, per le esose persecuzioni, la stupida e infondata, procedura degl inquisitori. il Crudeli, fu relegato a Poppi, nel Casentino, e poi restituito alla libertà. Fra quelli che si. adoperarono alla liberazione del prigioniero fu Antonio Niccolini, scrive lo Sbigoli, del vincolo di fratellanza che lo stringeva al Crudeli. Ma le sofferenze morali e fisici avevano sì fattamente abbattuto il perseguitato, che assalito a un tratto dall'asma, il 27 gennaio 1745 cessava improvvisamente di vivere. Il Crudeli fu uno dei più vivaci ingegni che fossero nella prima meta del 700 in Toscana: morì miseramente a 47 anni, perchè, nemico acerrimo di ogni superstizione, si era attratto l'odio degli ipocriti e dell'impostori, che gli fecero pagare cara qualche imprudente barzelletts, qualche inopportuno ed audace motteggio, e sopra tutto la fermezza. L'animo con la quale egli si rifiutò. anche in mezzo ai tormenti, di ammettere le calunnie che la Inquisizione aveva architettate contro la Massoneria.
È giusto che la memoria di questo Fratello, il quale tu tra i primi Massoni italiani che soffersero persecuzioni e prigionia sia ricordata con onore nella storia dell'Ordine.​

 

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