I Templari.
Illustrazione moderna
I Templari, che alcuni dissero milizia armata degli Albigesi, costituirono un ordine religioso e militare che in pochi anni, ai tempi delle Crociate, diventò potentissimo e pauroso. Ugone dei Payens o dei Pagani e Goffredo di Saint-Omer (1) fondarono nel 1118, cioè 19 anni dopo la presa di Gerusalemme, questa milizia armata per la difesa del Sepolcro di Cristo. Nei primi anni non furono che nove, poverissimi, così che montavano in due un solo cavallo, onde il loro sigillo che rappresenta appunto un palafreno montato da due Cavalieri, con la leggenda: "Sigillum militis Christi".
Il sigillo dei cavalieri:
i due cavalieri che condividono la cavalcatura sono stati interpretati come simbolo di povertà o della dualità del monaco/soldato
Elessero a protettrìce la "Dolce Madre di Dio": vissero un po' da frati e un po' da guerrieri: entrando nell'Ordine, tacevano voto di povertà e di castità e giuravano di consacrare la parola, le armi, le forze, la vita, alla difesa dei misteiri della Fede e dell'Unità di Dio. Intera obbedienza al Gran Maestro, varcare i mari, incontrar guerra per amor di Cristo e non indietreggiare innanzi a tre nemici, neanche da solo. In ogni evenienza si mostrarcelo valorosissimi, ed il loro stendardo, bianco e nero "bipartitum in albo et nigro", sul quale si leggeva: "non nobis, Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam ", non cadde mai in potere dei nemici. Si chiamavano vicendevolmente fratelli. Combattevano, non con agguati, ma all'aperto, con vogliavano le carovane, assistevano i pellegriui: primi entravano, ultimi uscivano dalle battaglie, togliendosi in mezzo "sicut mater infantem", i più giovani Cavalieri, insegnando noi a vincere o a morire a "Vincere aut mori", come dice l'insegna dei Kadosch (2) nella moderna Massonerìa. Vissero frugalmente, nulla possedendo in proprio, forse neanche la volontà, come fu, più tardi, dei Gesuiti "perinde ac cadaver". Mangiavano in due ad un piatto: la parte del cavaliere morto si dava per quaranta giorni ai poveri: vestivano camicia di lana ; dormivano sopra un saccone con lenzuolo velloso, con camicia e mutande; non baciavano donne, non cacciavano con lo sparviero; aborrivano i giuochi, i cerretani, le buffe canzoni, gli spettacoli ì; assalivano il nemico armati di fede dentro, e fuori di ferro; tosati nel capo, polverosi, adusti per fatica e per sole, cavalcavano focosi palafreni, nudi di gualdrappe e di fregi. Da prima tanto i papi che i prìncipi li proteggevano: però divennero i più ricchi proprietari di Europa. Verso il 1244 possedevano 9000 tra ì Baliaggi, Commende, Priorati, Case e Castelli, con reddito annuo di 112 milioni di franchi, con influenza enorme in tutti gli Stati, omaggio in tutte le Corti, prìvilegi in tutte le leggi.
Avevano tre classi o tre gradi: i Laici, gli Scudieri, i Cavalieri e più tardi si aggiunse una quarta, quella dei Sacerdoti. I soli Cavalierì che vestivano mantelli bianchi di lino o di lana, con la croce latina in lana rossa e portavano anello crociato, erano i padroni dell'Ordine: e soltanto fra loro nei Capitoli generali poteva scegliersi il Gran Maestro e gli altri dignitari di maggiore importanza. Con le ricchezze crebbero gli appetiti mondani, sminuì l'ardore della fede e l'entusiasmo per la tutela del seplocro di Cristo. A poco a poco anelarono al ritorno in Europa, e quando videro il regno cristiano di Gerusalemme vicino a cadere né più si sentirono la forza per sostenerlo, dopo aver negoziato coi Saraceni per far salvi i possedimenti dell'Ordine, nel 1291 dalla Terra Santa si ridussero in Cipro, sperando di farne loro dominio escluvsivo: non riuscendovi, trasportarono la sede ed i tesori a Parigi, dove possedettero un intiero quartieri da essi detto del "Tempio".
San Bernardo di Chiaravalle
Veramente i Templari in poco tempo dovevano essersi profondamente trasformati nel sentimento e nel costume, perchè S. Bernardo (3), che tanto li aveva protetti e lodati in principio, dopo appena 30 anni dalla fondazione dell'Ordine, rivolgeva loro questo acerbo rimprovero: "Coprite i cavalli di seta; sotto le loriche vestite non pochi penduli panni; pingete le aste; scudi, selle, freni, sproni ornate di oro, di argento, di gemme; mentre al battagliero si addice esser valoroso, industre, coscospetto, snello a correre e pronto a ferire, voi impedite il vedere colla chioma, avviluppate i passi con lunghe tuniche, le delicate mani seppellite entro maniche prolisse; tra voi suscitano guerra irragionevole ira. l'insano appetito di gloria e di terreni possedimenti".
Avevano banche e prestavano danaro ai re, potevano raccogliere ed ordinare, in qualsiasi punto, un esercito, che in Palestina avvaloravasi del concorso dei Tartari, e possedevano una flotta per i loro commerci con tutto il Levante. Di questo loro onnipotenza naturalmente insuperbirono: è fama che Riccardo Cuor di Leone, morendo dicesse: "lascio l'avarizia ai monaci Cistercensi; la lussuria ai monaci Origi; la superbia ai Templari". Avevano osato dire a Enrico III: "sarete re, finché giusto", parole gravissime, le quali, se possono deporre in favore della forza morale dell'Ordine, costituivano una minaccia a quel Re di Francia, Filippo il Bello (4), che aveva chiesto asilo ai Templari e ne aveva ottenuto salvezza e denaro, che aveva chiesto di essere ricevuto fra loro, e ne era stato respinto!
La congiura contro i Templari intanto cominciava ad ordirsi sussurrava che volessero crearsi un dominio universale in Europa, che avessero turbato il regno di Palestina per rivalità con gli Spedalieri e detronizzato il Re di Gerusalemme Enrico II ed il Duca di Croazia; che avessero messo a sacco la Grecia e la Tracia, ucciso Roberto di Brienne ad Atene, rifiutato di concorrere al riscatto di S. Luigi, parteggiato per gli Aragonesi contro la Casa di Angiò; ma certo il maggior loro delitto furono le enormi ricchezze, che eccitarono gli appetiti del Papa e del Re.
E il Re giuoco di perfidia; si fece scrivere dei libelli contro l'Ordine; un cavaliere dichiarò che nel Capitolo generale compievasi tal cerimonia che se il Re l'avesse veduta, sarebbe stato immantinenti ammazzato: un altro affermò che i segreti dell'Ordine consistevano in tre articoli, i qiali non eran conosciuti che da Dio, dal diavolo e dai fratelli. Queste le prime fila della trama; ma vennero le deposizioni di due rinnegati, uomini di fede perduta, uno il fiorentino Noffi Dei (5), bandito dalla Toscana, l'altro il Priore di Mont Focon, condannato dal Gran Maestro per tristi costumi a finir la vita in un carcere: scampò per accusare i fratelli. Con una perfidia veramente inaudita, Filippo il Bello chiamò a Parigi il Gran Maestro ed i capi, li accolse con carezze e lusinghe: il 12 ottobre 1307, onorava il Gran Maestro Giacomo Molay (6), incaricandolo, con altri illustri personaggi, di reggere la coltre della bara di sua cognata: il giorno dopo li fece tutti arrestare.
Centotrentanove Cavalieri col loro Gran Maestro furono così imprigionati a Parigi; molti altri nel resto del regno. Si fece processo; fu messo a dirigerlo l'inquisitore Guglielmo Imbert (7) che ordinò, se occorresse, ricorrersi anche alla tortura e fece promettere, a chi avesse confessato, il perdono, invece a chi avesse negato, la morte. Da principio Papa Clemente V si sdegnò che il Re, in materia di competenza papale, operasse a proprio talento; ma, dinnanzi alle brusche risposte di Filippo il Bello e a tutte le arti che egli seppe mettere in giuoco, il 5 luglio 1308 il Papa si fece complice.
Filippo IV assiste al rogo dei Templari, manoscritto del XV secolo.
Non è possibile, in un lavoro come il nostro, tenere dietro a tutte le fasi di questo immane processo, in cui mal sapresti giudicare se maggiore sia stata la perfidia o la crudeltà. Veniamo dunque alla catastrofe. Il 16 ottobre 1312 si adunò a Vienna nel Delfinato il Concilio Ecumenico per giudicare, fra l'altro, del processo contro i Templari. Migliaia di Cavalieri del Tempio erravano sulle montagne lionesi: nove di essi si offersero di presentarsi al Concilio, difensori della causa dei loro fratelli. Mentre i vescovi riuniti, più di 300, leggevano la requisitoria contro l'Ordine, i nove Templari compaiono, si pongono sotto la protezione del Concilio, invocano la pubblica fede. Nell'aula consiliare si leva profondo e subitaneo movimento: non era possibile che l'atto coraggioso dei nove Templari, numero che ricordava i nove fondatori dell'Ordine non incutesse in tutti rispetto ed ammirazione. Furono ascoltati, ma il Papa, tradendo l'ospitalità e la fede invocata nel nome di Cristo, li fece arrestare, e con lettera datata a Vienna l'11 novembre dell'anno VI di suo pontiticato, annunciò al Re che li teneva prigionieri. Il Concilio fu profondamente irritato dalla condotta del Papa: i Vescovi raccolti per condannare, quasi unanimi, deliberarono che dovesse rifarsi il processo; che essi intendevano esaminare accuse, accusati ed accusatori: intervenne il Re, pregò e minacciò: fu tutto vano : i Vescovi perdurarono nel rifiuto. il Papa allora fece da se; in Concistoro segreto abolì l'Ordine e l'abolizione fu subito annunciata ai Concilio in presenza del Re: i Vescovi ammutolirono. Restavano nelle carceri di Filippo, il Gran Maestro e tre cavalieri: gli altri arrestati erano periti nelle prigioni o sui roghi. Furono delegati alcuni Vescovi a giudicarli: dapprima i miseri confessano, poi il Gran Maestro e il Maestro di Normandia ritrattano le confessioni: i Giudici non sanno a qual partito appigliarsi; il Re li previene; aduna consiglio privato e condanna i due relapsi alle fìamme; essi salgono il rogo imperterriti: "non muovono in lamenti e nell'atroce spasimo serbano ammiranda fermezza, chiamando e benedicendo il nome di Dio ed invocandolo testimone della loro innocenza".
Il rogo sul quale arsero vivi l'ultimo Maestro Jacques de Molay e Geoffrey de Charnay, acceso su di un'isoletta sulla Senna a Parigi, davanti alla Cattedrale di Notre-Dame, il 18 marzo 1314 (manoscritto della fine del XIV secolo).
E' traduzione che il Gran Maestro citasse innanzi al tribunale di Dio, entro 40 giorni il Papa, entro l'anno il Re: tanto Clemente V, che Filippo il Bello morirono non molto tenpo dopo l'eccidio. Forse i Templari, che ebbero nel loro ordinamento, nelle loro credenze e nei riti una parte del tutto propria e segreta, erano intinti nelle eresie dei Manichei e degli Albigesi. Furono anche accusati di idolatria, come adoratori di Bafometto, una testa spaventevole con lunga barba bianca e con scintillanti pupille. Fu vero? E se fu, non si trattò forse dello stesso simbolo con cui gii Gnostici disegnavano il demiurgo, il fecondatore, il padre della vita? Coi Templari perisce un mondo: la Cavalleria e le Crociate finiscono; il misticismo che tanto aveva informato le vecchie generazioni si ecclissò e scomparve; l'Occidente si ribella all'Oriente, che da tante parti lo circuiva e l'aveva così a lungo signoreggiato. I Templari, sfuggiti alle condanne ed ai supplizi, si dispersero per l'Europa e dettero probabilmente origine ad altre istituzioni che stabilirono vincoli fra i sodalizi segreti del Medio Evo e quelli dei tempi moderni. Anche un grado massonico il XXX di Cavaliere Eletto Kadosch (2) è inspirato ai ricordi delle dottrine e della misera fine dei Cavalieri del Tempio, dai quali avrebbe ereditato lo spirito della ribellione contro ogni tirannia politica e religiosa.
(1) Ugone dei Payens o dei Pagani e Goffredo di Saint-Omer sono stati due cavalieri medievali, e sono tra i fondatori dell'ordine dei Cavalieri templari.
(2) Il Cavaliere Kadosh è uno dei livelli massonici più alti. Si colloca al trentesimo grado su trentatré totali nel Rito Scozzese Antico ed Accettato
(3) Bernard de Fontaine, in latino: Bernardus Claravallensis, italianizzato in Bernardo di Chiaravalle (Fontaine-lès-Dijon, 1090 – Ville-sous-la-Ferté, 20 agosto 1153), è stato un monaco cristiano, abate e teologo francese dell'ordine cistercense, fondatore della celebre abbazia di Clairvaux, di cui fu abate, e di altri monasteri.
(4) Filippo IV di Francia (Fontainebleau, 1268 – Fontainebleau, 29 novembre 1314) detto il Bello, in francese Philippe le Bel, fu re di Francia dal 1285 alla sua morte.
(5) Noffi Dei, giudice fiorentino, s'era adoperato moltissimo nel convincere i Templari dei delitti, ch'egli diceva averne conosciuti quando apparteneva all'Ordine loro; poi servì il re in altri processi contro streghe, untori, maliardi. In Lombardia e Toscana i Templari furono condannati; assolti a Ravenna, a Bologna, in Castiglia; Carlo II di Napoli fece mandare a morte i provenzali, attribuendone le terre agli Spedalieri.
(6) Jacques de Molay (Molay, 1243 – Parigi, 18 marzo 1314) fu l'ultimo Gran maestro dell'Ordine templare.
(7) Guglielmo Imbert, teologo e giurista, consigliere e confessore del re.
Templari in un manoscritto del 1215