I Cabalisti
Q B L H, KABALA, tradizione orale, non scritta
D'onde venne la Cabala? Alcuni la dicono uscita dal seno del giudaismo ai tempi di Daniele e della schiavitù babilonese; altri la fanno risalire fino a Mosè, altri ad Abramo, ad Adamo, all'Angelo Gabriele e pensano che discendesse poi, tradizione orale, nella vita giudaica, prendesse sviluppo fra i magi babilonesi e fosse ricevuta, come frutto proibito, dalla terra e dalla donna straniera. E ripetono le vecchie credenze persiane degli angeli o Ferver o genii (1), ed a tutti i patriarchi assegnano lo spirito consigliatore fino a Giuseppe, marito della Madonna, al quale arcangelo Gabriele impartì appunto ottimi suggerimenti di serafica rassegnazione! Altri la dicono assai posteriore, quantunque il principio fondamentale della Cabala si riconnetta agli astrologi ed ai magi vale a dire all'emanatismo (2).
Genio alato, affresco proveniente da una villa romana di Boscoreale
Secondo la Cabala, l'universo, che i Pitagorici affermano prodotto della virtù misteriosa dei numeri, è una pagina meravigliosa in cui l'Artefice Supremo scrisse tutto ciò che esiste coi primi numeri e colle 22 lettere dell'alfabeto giudaico. Così si scende alla emanazione ed al dualismo persiano, tornano in scena angeli e demoni, quelll al comando di "Jamira", lo spirito della vita, questi soggetti a "Semol", lo spirito della morte. Jamira e Semol, riproduzione di Oromaze e di Arimane, non sfuggono all'imperio dell'essere primitivo, del Vecchio dei giorni, antico re della luce, incomprensibile, infinito ed eterno, che prima di manifestarsi tutto racchiudeva in sé; che poi, volendosi manifestare, formò un punto impercettibile che fu il suo primo pensiero: costruì quindi santa e misteriosa forma con splendido vestimento e fu l'universo, il cui nome entra perciò necessariamente a far parte del nome di Dio. Quindi succedono le emanazioni, la sapienza, la prudenza, la bellezza, la grazia, la vittoria, l'imperio. Anche la materia e distinta in gradi: materia ed oggetto, senso superiore ed inferiore, fantasia, giudizio, mente, intelletto, ragione.

Rabbi Isaac Alfasi (Fez, 1013 – Lucena, 1103), redattore della prima raccolta sistematica del Talmud.
Illustrazione della Jewish Encyclopedia (1906—1913)
Lo Zohar — splendore — che è come la Somma del sistema cabalistico — libro attribuito allo stesso autore del Misma, prima parte del Talmud — afferma che i Cabalisti custodivano opere sacre, rivelanti i misteri della religione e che solo si mostravano ai provati, agli eletti. Ebbero gradi e prove di iniziazione, dopo le quali soltanto si entrava nella Camera, luogo sacro, in cui si rivelano le più misteriose e più recondite verità.
Là gli iniziati si disponevano in circolo intorno al Maestro, levavano le palme al cielo, quasi a giurare il segreto, ed ascoltavano, colla mano sul petto a mo' degli Esseni (3) e dei Terapeuti (4). Al nuovo venuto, a cui, dopo molte preghiere, si dischiude la porta del tempio, l'introduttore, vedendolo a capo chino e con gli occhi chiusi, porge amorosamente l'invito ad ergere la fronte ed aprire le pupille innanzi ai maestosi misteri di Dio. Per la folla degli iniziati minori, l'allegoria del segreto insegnamento divenne studio unico e massimo: ed ecco formarsi la Cabala artitìciale, che guardava, non alle cose, ma ai segni, e nelle combinazioni dei numeri e delle lettere cercava la virtù dei miracoli e la spiegazione di tutti gli arcani. Come i Farisei (5) e gli Esseni, i Cabalisti vedevano nella Bibbia un senso letterale ed uno riposto: perciò anche la Cabala ebbe diversi gradi e sparsi i suoi piccoli e grandi misteri: la dottrina alta e recondita non si rivelava che agli ingegni ed agli animi superiori: gli altri si lasciavano trastullare in giuochi di parole e di numeri, in acrostici, in anagrammi ed in altri stravaganti, fossero pure ingegnose e difficili, combinazioni di numeri, di lettere, di parole, in complicate decomposizioni e ricomposizioni, in trasporti, in confronti, in inutili e puerili fatuità.
L'Albero della vita, rappresentazione simbolica delle leggi dell'universo nella Cabala
Le idee dei Cabalisti, i quali davano anche importanza ai sogni, amavano la pace dei campi e le ombre dei palmizi, cantavano, come i Pitagorici, non portavano armi ed esercitavano anche la medicina, fecero un lungo cammino. Nel Medio Evo esse riappaiono in non poche bizzarre pratiche e formalità. Si mostrano in Paracelso, che fu celebre alchimista ed un po' anche teosofo, astrologo e mago: in Raimondo Lullo (6), che fu detto Dottore illuminato, ed è noto più specialmente per la sua "Ars Magna" (7), tendente ad una riforma generale della fìlosotia e di tutte le scienze. Alla Cabala attinsero largamente tutti gli eretici: Alchimisti, Massoni, Illuminati, Carbonari, quali più, quali meno, raccolsero simboli, pratiche, allegorie cabalistiche, e della Cabala rammentano anche la dottrina fondamentale — la teologia — che insegnava nulla esistere di puramente materiale, ogni cosa sussistere mercè il fuoco divino che la investe, la nutrisce e feconda, tutto essere affratellato in Dio, generazione, legge, vita, anima dell'universo.
Ars magna, di Ramon Lull (Raimondo Lullo).
Ulisse Bacci, Il libro del massone italiano, Roma, Vita Nuova, 1922
Ulisse Bacci (Barberino Val d'Elsa, 1846 – Roma, 1935) è stato un importante esponente della massoneria italiana, aderì alla massoneria nel 1867 per divenire poi segretario generale del Grande Oriente d'Italia. Con l'avvento del fascismo e l'accentuarsi della politica ostile del regime verso la massoneria, subì i provvedimenti di polizia. Nel 1926 il prefetto di Roma dispose la sospensione della rivista massonica. (Fonte Treccani).
(1) Nella religione romana, il Genio (lat. Genius, plurale Genii) è uno spirito o, più correttamente, un nume tutelare, considerato come il custode benevolo delle sorti delle famiglie, ma anche dei singoli individui. Nel tentativo di chiarirne la natura ne sono state date definizioni approssimative, come "anima", "principio vitale", "angelo custode".
(2) Dottrina filosofica e religiosa (detta anche, meno comunemente, emanazionismo), secondo la quale il molteplice trae origine da un principio, l’Uno, o da altra realtà prima che esprime da sé il molteplice con assoluta libertà, identica a necessità assoluta.
(3) Esseno. Nome, dal significato non chiaro, degli appartenenti a una comunità religiosa giudaica, le cui notizie cominciano con il 2° sec. a.C. e che sembra scomparsa con la distruzione dello Stato giudaico (70 d.C.). (Fonte Treccani)
(4) Terapeuti «servi di Dio». Secondo Filone, comunità religiosa giudaica collegata al movimento degli Esseni, con sede attorno al Lago Mareotide (presso Alessandria d’Egitto) ai tempi di Gesù Cristo. (Fonte Treccani)
(5) Farisei. Setta giudaica, famosa per il suo attaccamento alle tradizioni dei padri e per l'osservanza materiale della legge. A causa dell'ipocrisia duramente rinfacciata loro dal Vangelo (cfr. Matt. 23, 2-36), il termine Farisei (dall'aramaico perišājjā') divenne quasi sinonimo di ipocriti e di corrotti.
(6) Lullo, Raimondo (catalano Ramon Llull). - Filosofo, teologo, mistico e missionario catalano (Palma di Maiorca 1233/1235 - forse Isola di Maiorca 1315), detto doctor illuminatus.
(7) L'Ars magna (La grande arte) era un metodo inventato da Raimondo Lullo (1235-1315), teologo, filosofo e missionario catalano, da lui descritto nella sua opera Ars compendiosa inveniendi veritatem seu ars magna et maior (1274), tramite il quale, servendosi anche di schemi e figure, si potessero collegare concetti fondamentali, in una sorta di logica meccanica, in modo da ottenere verità in ogni campo del sapere. (Fonte Treccani)