Miniera di Caporciano
"Tu sei il mio Dio, e nelle tue mani c’è la mia sorte"
La miniera di Caporciano, situata in Toscana, ha una storia ricca e complessa. Sebbene si ritenga che le sue mineralizzazioni fossero sfruttate fin dall’epoca etrusca, le prime notizie documentate risalgono al XV secolo. Nel 1469, l’orafo fiorentino Bartolomeo di Agostino ottenne una concessione di ricerca, che fu presto ceduta a una società di esponenti politici ed economici fiorentini. Dal 1478, la gestione passò ai Marinai di Prato.
Nel XVI secolo, i Medici commissionarono diverse ricerche minerarie sul giacimento di Caporciano. Alla fine del secolo, la miniera era oggetto di intensa attività e grandi aspettative. Tuttavia, l’epidemia di peste del 1630 interruppe l’attività mineraria. Negli anni successivi, un tentativo di riavvio dei lavori culminò in una tragedia causata dal crollo di un pozzo, noto come “Buca di Nardone”, in cui perirono molti operai.
I lavori ripresero solo a metà del XVII secolo, grazie a diversi imprenditori livornesi. Nonostante saggi e prospezioni incoraggianti, i risultati furono scarsi.
I minatori entravano nella cava in squadra e lasciavano la loro medaglia con il nome e la matricola vicino alla porta d’ingresso. In questo modo, se qualcuno non tornava, si sapeva chi inviare per i soccorsi. La vita in miniera era pericolosa e molti minatori persero la vita.
La Grotta di Cupido è uno fra i pochi manufatti superstiti della Pratolino di Francesco I.
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