Fra Bartolomeo di San Marco
Scrisse Vasari:
«Era Baccio amato in Firenze per la virtù sua, che era assiduo al lavoro, quieto e buono di natura et assai timorato di Dio, e gli piaceva assai la vita quieta e fuggiva le pratiche viziose e molto gli dilettava le predicazioni, e cercava sempre le pratiche delle persone dotte e posate».
Fra Bartolomeo
BARTOLOMEO DI S. MARCO [fra']. Fra' Bartolomeo del Fattorino, detto Baccio della Porta, o II Frate, (n. nel villaggio di Savignano presso Prato nel 1469 morto nel convento di San Marco a Firenze nel 1517).
Entrò nella scuola di Cosimo Rosselli a Firenze. Dimorò in casa di parenti sette anni presso la porta di S. Pietro Gattolini per cui ebbe soprannome di Baccio della Porta. Innamoratosi della maniera di Leonardo Da Vinci, lo studiò profondamente. Avendo conosciuto alla scuola del Rosselli Mariotto Alberlinelli, suo allievo, si legò a lui di amicizia ed eseguirono assieme molte pitture.

Ancora Vasari scrisse:
«Continovando Baccio la udienza delle prediche sue, per la devozione che in esso aveva, prese strettissima pratica con lui [con Savonarola] e dimorava quasi continuamente in convento avendo anco con gli altri frati fatto amicizia».
Sedotto dalla predicazione del Savonarola, gettò sul rogo che ardeva in piazza tutti i suoi studi di nudo ed altre sue opere eccellenti, come anche fece il Credi. Nel 1500 entrò nell'ordine dei domenicani, e da quest'epoca fu noto col nome di Fra' Bartolomeo. Durante quattro anni lasciò completamente la pittura, e non la riprese che per insistenza dei confratelli e degli amici. Nell'ottobre del 1506 Raffaello trovandosi a Firenze, strinse amicizia col Frate, ed operarono assieme scambiandosi fra di loro i segreti dell'arte, per modo che gli ultimi suoi quadri furono attribuiti al primo. Fece un viaggio a Venezia nell'aprile del 1508, fu incaricato dai domenicani di Murano di dipingere un quadro per la loro chiesa, ma non lo eseguì che al suo ritomo a Firenze. Sui primi del 1509 si uni di nuovo a Mariotto Albertinelli, ed eseguirono assieme molte opere durante tre anni. Nel gennaio del 1512 si separarono, e le pitture ch'ei fece da solo si distinguono per forza di chiaro scuro, vigore di tono, che rivelano in lui uno studio profondo delle opere di Leonardo e dei maestri Veneti. Verso il 1512 si recò a Roma, ma vi rimase poco, lasciando incompiuto un quadro che terminò poi Raffaello. Ritornato a Firenze, cercò d'ingrandire suo stile imitando l'ampiezza dei contorni del Buonarroti; ed è in questa maniera michelangiolesca ch'egli dipinse il suo famoso San Marco, e che esegui a Trucca, a Pistoia, a Prato, quadri meravigliosi. — Furono suoi allievi Cecchino del Frate, Benedetto Cianfanini, Gabriele Rustici, Fra' Paolino da Pistoia e Ridolfo del Ghirlandaio. — È stato imitato da Mariotto Albertinelli e Gio. Ani, Soglìani, allievo di Lorenzo Credi.
Scrisse ancora Vasari a proposito dell'Apparizione:
«Un non so che di celeste che resplende in quella opera, a chi la considera attentamente, dove molta diligenza et amor pose»