Polittico di Pisa
dal 1426, è una tempera su tavola a fondo oro
Fra le descrizioni pregevolissime di opere perdute, il Vasari ci ha conservato anche quella dell’altare che il Masaccio aveva dipinto nel 1426 per la chiesa del Carmine a Pisa. La Madonna cogli angioli, i Santi Pietro, Giovanni Battista, Giuliano e Niccolò, sembra siano perduti; della predella, l’adorazione dei Magi, la Crocifissione di San Pietro e la decapitazione di San Giovanni Battista si sono ritrovati nel Museo di Berlino, pel quale furono acquistati poco tempo fa quattro piccole figurine di Santi che ornavano probabilmente i pilastri del cornicione. «E sopra per finimento di detta tavola, dice il Vasari, sono in più quadri molti Santi intorno un Crocifisso».
Nel 1901 la R. Pinacoteca di Napoli per mezzo del professor Venturi ha fatto l’acquisto importantissimo di un quadretto a cuspide raffigurante Gesù Cristo sulla croce circondato dalla Madre, San Giovanni e la Maddalena, tre figure di espressione impareggiabile 1 (fig. 1). Maria circondata da un mantello color indaco di stoffa pesante, largo, sembra cerchi ancora la vita nel figlio fissandolo e giungendo le mani. In questo sguardo lungo sembra di trovare la quiete che deriva dalla maestà del Grande. Dall’altra parte il San Giovanni è chinato dal peso del dolore, la sua testa s’inchina sulle mani congiunte che hanno tirato su una parte del mantello azzurro per asciugare le lagrime. Il suo sguardo va nel vuoto sfiorando la figura della Maddalena che inginocchiata davanti la croce è in procinto d’abbandonarsi. Gridando nei suo dolore acerbissimo getta le braccia in alto accusando l’universo, accusando il genere umano del massimo irreparabile delitto. Nella veste rossa si nasconde l’agitazione appassionata del profondo dolore. Svegliando un fremito, commuovendo lo spettatore, le figure nondimeno sono monumentali, ciò che accresce la forza dell’espressione.
Fig. 1 — Masaccio: Crocefissione. Napoli, Museo
Credo che quelli che hanno studiato questo quadro non possano dubitare che il solo Masaccio ne possa essere l’autore. E pure nei libri e fascicoli di giornali che due anni fa si pubblicarono in onore dell’artista, per quel che ne so, non si faceva menzione del quadro napoletano. Chi fa il confronto dello stile del quadro di Napoli colla predella di Berlino, e coi due Santi Paolo (a Pisa) e Andrea (presso il conte Lanchoronski a Vienna 2 (fig- 2), si persuaderà facilmente che la crocifissione appartenga allo stesso periodo dell’attività dell’artista. È facile credere che il Sant’Andrea (a Vienna) abbia fissato lo sguardo al Crocifisso nel mezzo del finimento all’altare pisano come dice il Vasari.
Fig. 2 — Masaccio: Sant’Andrea Collezione Lanchoronski
Oltre le affinità nei tipi, nel panneggiamento, nelle mani, nei colori, vorrei indicare anche la forma dei nimbi che è abbastanza simile nella crocifissione e nei Santi.
Le misure del quadro di Napoli non contradicono alla sua partecipazione all’altare pisano. È alto centimetri 85, largo cm. 65. La larghezza della predella di Berlino è di cm. 61, così che si deve supporre che (come si vede in molti altari del Trecento e del Quattrocento) le colonnette che separavano le parti laterali del polittico della parte centrale, s’allargassero in pilastri nella predella. La parte centrale, cioè la Madonna cogli angioli, aveva la forma di un rettangolo ed era coronata in tutta la sua larghezza dalla crocifissione.
Fig. 3 — Ricostruzione dell’altare di Masaccio nel Carmine a Pisa
Una ricostruzione dell’altare di Pisa secondo le misure dei frammenti conservati ho tentato di dare in fig. 3, mentre resta soltanto l’altezza della parte principale della Madonna coi Santi. A Firenze non esistono polittici di questa disposizione prima di Masaccio, predominava invece la forma senese con piccoli quadretti che sedevano sulle cuspidi delle tavole principali come si può vedere, per esempio, nell’altare del Francesco Rosselli (intorno al 1415) negli Uffizi. (fig. 4)
Fig. 4 — Cosimo Rossellino, Madonna col Bambino in trono
angeli e i santi Nicola e Antonio abate, 1470 circa
A Bologna invece trovo nell’altare di Simone nella Regia Pinacoteca una forma abbastanza consimile a quella che aveva certamente l’altare di Masaccio; qua e là di sopra dalla parte centrale il Crocifisso, di sopra delle parti laterali mezze figure di Santi.
Le quattro piccole figure dei Santi, magnifici, espressivi, due padri della chiesa (San Girolamo ed un ve¬ scovo) e due santi Carmelitani, che poco tempo fa dalla Raccolta di Mr. Charles Butler pervenirono nel Regio Museo di Berlino appartengono probabilmente all’altare pisano. Oltre lo stile che ci costringe di attribuirle allo stesso periodo dell’attività dell’artista anche i Santi Carmelitani hanno il loro posto naturale in una chiesa dell’ordine. Questi piccoli Santi sedevano originariamente senza dubbio con altri perduti nella cornice dell’altar pisano. S’ignora la sorte delle tavole restanti; speriamo però che col tempo qua o là qualche altro frammento inaspettatamente tornerà in luce come il Crocifisso a Napoli.
L’altar pisano, conservando ancora la vecchia forma del polittico gotico nel suo insieme, rappresenta la penultima fase del genio di Masaccio. Dopo questo, dipingendo nella cappella Brancacci la cacciata dal Paradiso, il Cristo della moneta, a Santa Maria Novella la Trinità sublime coi donatori, ascende all’apogeo della sua arte inaugurando lo stile che fino ai giorni di Michelangelo e di Raffaello rimase in vigore. W. Suida (1).
(1) Wilhelm Emil (detto William) Suida (Neunkirchen, 24 aprile 1870 – New York, 29 ottobre 1959) è stato uno storico dell'arte austriaco.