La Venere Medicea forse è un'opera originale di Cleomene, figliuolo di Apollodoro ateniese, artista greco del III secolo av. C. L'iscrizione sul plinto fu ristaurala fedelmente dall'originale. Vuoisi rinvenuta a Roma nel portico d'Ottavia (o nella villa Adriana) e fu trasferita, nel 1678, dalla villa Medici in Roma a Firenze. Nel trasporto s'infranse e fu mestieri ricomporla con undici pezzi; sono moderni il braccio destro e il sinistro dal gomito, ambedue mal restaurati, troppo discosti dal corpo, perciò in posizione non naturale e affettata.
Le dita sottili, restaurate da Ercole Ferrata (1) nel 1677, contribuiscono a dare un'aria di affettazione all'attitudine generale e contrastano sfavorevolmente col piede leggiadro. Le orecchie sono perforate per i pendenti e la capigliatura era indorata in origine.
Questa Venere verginale sorgente dalla spuma del mare (Anadiomène), nella pienezza della gioventù e con la più perfetta bellezza del volto e delle nude forme corporee, appartiene alle più belle produzioni dell'arte scultoria, ma già sul confine del genere; l'espressione non è tenera né sorrìdente; la bocca ha una dolcezza inarrivabile e la fronte, col capo fortemente piegato a sinistra, in aria grave.
Basterebbe guardare soltanto al rapporto di misura tra le figure e l'ambiente, tra i personaggi del dramma sacro e le architetture, le piante, le montagne,...
L'insistente richiesta nell'800 di mobili intagliati per L'italia e per l'estero, richiesta condizionata dal gusto neo-classico e neorinascimentale, divenne...