Pier Francesco Fiorentino
(Firenze, 1444 o 1445 – post 1497)
Pittore di Madonne
Prima parte
Prima Parte
Seconda Parte
Nella seconda metà del Quattrocento vi fu un pittore fiorentino, fino a ora troppo poco conosciuto. e che è stato spesso confuso con Neri di Bicci o col cosidetto "Compagno di Pisellino". Converrebbe anche per i suoi meriti non volgari, dargli uno stato civile più preciso, od almeno una fisionomia più definita.
Si tratta del prete Pier Francesco da Firenze, di cui si sono occupati per i primi Cavalcaselle e Crowe (Storia della Pittura in IItalia, vol. VII. nel capitolo dedicato a Domenico Ghirlandaio, facendo di Pier Francesco un discepolo di lui). Il Berenson poi, nella seconda edizione dei Fiorentine Painters of the Renaissance, dà un elenco delle opere che egli attribuisce al pittore, senza perlarne nel libro stesso. Ma questi dati sono da rivedere e da completare.
Le informazioni sicure che possediamo di quell'artista provengono da un documento d'archivio e da due quadri firmati. Su questi fondamenti occorre ricostruire la sua personalità.
Il documento consiste nel ricordo di un pagamento segnato sul libro dell'Opera della Collegiata di San Gimignano, pubblicato prima dal Pecori (Storia della Terra di S. Gimignano) e conosciuto dal Cavalcaselle e Crowe; pagamento fatto il 14 di febbraio 1474 a Domenico da Firenze ed a Pier Francesco di Bartolomeo prete della stessa città, "per dipintura d'una volta della nave di mezzo co' marmi da lati". Quanto a quel Domenico, il documento allude indubitabilmente a Domenico Ghirlandaio che si apprestava allora a dipingere, nella Collegiata di San Gimignano la Cappella di Santa Fina.
Le decorazioni a stelle ed ornati della volta e quelle delle pareti della navata centrale, — con putti, festoni, busti di apostoli e finti marmi, e con il Cristo d'una Pietà sull'arco trionfale, — benché commesse al Ghirlandaio, secondo il documento citato, non sono certamente di sua mano, e devono in conseguenza attribuirsi all'artista di cui il nome si trova ricordato insieme a quello del maestro, e cioè a Pier Francesco Fiorentino.
Pier Francesco Fiorentino, Madonna con Bambino in trono tra san Michele Arcangelo, Tobia e san Raffaele Arcangelo
Non per questo pere cui dobbiamo fare di quel pittore uno scolaro del Ghirlandaio, come vuole il Cavalcaselle. Troppe sono le differenze essenziali nel carattere e nei modi delle opere dei due pittori. A San Gimignano Pier Francesco subì maggiormente l'influsso del Gozzoli che aveva già affrescalo la Collegiata e la chiesa di Sant'Agostino. Ritroveremo tale influsso nelle sue pitture. Le due opere firmate da Pier Francesco, a cui ho accennato sopra, sono una Madonna con Santi in Sant'Agostino di San Gimignano recante la data 1494, ed una Madonna fra gli arcangeli Raffaele e Michele, nel Palazzo Comunale di Montefortino (Provincia d'Ascoli Piceno), colla data 1497. Sulla prima di queste tavole si legge la firma: Petrus Francisc. Presbyter Florentin pinxit: sull'altra: Petrus Presbìter Fioroni, me pinx.
La tavola di San Gimignano è di grandissima importanza, perchè raggruppa intorno alla Vergine seduta col Bambino tra le braccia, otto santi, quattro per parte, di cui un vescovo ginocchione sul davanti da ogni lato, e nel mezzo una piccola figura di committente, un frate domenicano di cui abbiamo il nome nella base del quadro: fra Lorenzo di Bartolo. Per di più i pilastri della cornice contengono ancora figurine di santi e di sante, che proseguono nella predella insieme ad una Pietà ed a scenette dell'Ascensione e della Risurrezione. C'è dunque in questa tavola un complesso di figure, di composizioni, di gruppi, di sfondi che ci permette di farci un idea del pittore, di analizzare i suoi segni caratteristici, tanto più che riguardo alla data ci troviamo qui di fronte agli ultimi anni della sua carriera e alle sue forme più varie, più ricche e più facili.
Madonna in trono col Bambino e santi, San Gimignano, chiesa di Sant'Agostino, 1494
Possiamo osservare nel prete pittore più che altra l'influenza di Benozzo Gozzoli nella modellatura e nella semplicità degli atteggiamenti e dei tipi piuttosto rustici, fortemente segnati. V'è poco movimento il pittore non avendo probabilmente nè una concezione molto sicura, né un'eccessiva abilità di mano. Pier Francesco delinea volentieri con il tratto le sue teste ed esagera il disegno fisionomico: i contormi degli occhi, le ciocche dei capelli, gli orecchi, di una complicazione grafica quasi sempre identica, le labbra che son tutte come fresche bocche di bambini. Alla probità accurata del Gozzoli egli aggiunge un qualcosa di secco che viene probabilmente da Domenico Veneziano. non privo però di carattere e di forza né di una certa vaghezza, come vedremo.
Gli stessi caratteri si riconoscono in un quadro dell'Accademia di Belle Arti in Siena, la Madonna che adora il Bambino, fra San Francesco e San Domenico, che venne giustamente attribuito al nostro pittore dal Cavalcaselle e dal Berenson. Vi ritroviamo perfino quello scenario di paesaggio, di cui la predella di San Gimignano ci dà esempio molto significativo: una prospettiva poco sviluppata, con alberi e case che sembrano giocattoli di legno.
Malgrado la preponderante influenza del Gozzoli. che predomina nella formazione della sua arte, ed alla quale egli ritorna, come abbiamo visto, verso la fine della sua carriera, Pier Francesco nella maggior parte delle opere sue a noi giunte ricorda soprattutto Filippo Lippi.
Dal frate del Carmine egli trae tipi, attitudini, raggruppamenti, nei dipinti di lui trovando il repertorio del quale nutrisce la propria arte. L'esempio più probante di questo quasi assoggettamento a Fra Filippo, ed insieme il punto di partenza di tale derivazione, l'osserviamo in un quadro già nella Galleria di Sant'Apollonia in Firenze. Vera copia della Natività del Lippi dipinta per la Cappella del Palazzo dei Medici in Via Larga (Palazzo Riccardi), oggi nel Museo di Berlino, di cui una variante con San Giuseppe trovasi nella Galleria degli Uffizi.
Pier Francesco Fiorentino, copia della Natività di Filippo Lippi nella Cappella dei Magi
In questa copia però sono da notare certe differenze che segnano l'indole personale di Pier Francesco: il paesaggio più convenzionale, spinto a questa rigidità, a quella abbreviatura quasi schematica, da giuocattoli. che ho additata qui sopra; le aureole più semplici, con orli di punti impressi a pressione di chiodo nella tavola; e specialmente i fiori, sparsi per il suolo, già usati dal Lippi, ma ai quali il discepolo dà maggior importanza, dipingendo mazzi di rose e di gigli con un senso nuovo della natura e della vita vegetale. Egli sviluppa, — lo vedremo ancora più sotto — quell'ornamento floreale del Lippi, come sviluppa gli ornati d'oro che corrono intorno alle vesti a foggia di caratteri pseudo-cufici orientali. Si può dunque osservare nel nostro pittore un gusto di gaiezza e di ricchezza che è suo proprio e che si rivela anche nel colore generalmente più chiaro e pù limpido.
Una volta copiata la Natività di Fra Filippo, Pier Francesco s'ispirò ripetutamente al gruppo principale, cioè alla Vergine che adora il divin figlio, per le Madonne che egli venne eseguendo; come dal Lippi prenderà anche le figure di San Giovannino o di angioli. E nell'opera di Pier Francesco possiamo distinguere diversi tipi di Madonne che sono derivati dai modelli del Lippi.
Il primo tipo segue il tema dell'Adorazione del Bamhino e viene direttamente trascritto dalla composizione lìppiana. Di quel tipo i due più begli esempi sono due tondi, l'uno già nella Galleria di Palazzo Strozzi a Firenze, l'altro nella chiesa di San Martino a Sinalunga (Provincia di Siena).
Pier Francesco Fiorentino, Madonna in adorazione del Bambino con san Giovannino e un angelo, Collegiata di S. Martino, Sinalunga
Filippo Lippi, Madonna in adorazione del Bambino, Galleria degli Uffizi
I due tondi sono a fondo d'oro, particolare di cui userà mollo Pier Francesco e dove si ritrova la tradizione propagata nel quattrocento fiorentino, dopo Lorenzo Monaco. dall'Angelico. Nei due quadri la posa della Vergine e del Putto è identica; dalla disposizione del velo che ricopre la testa della Madonna e dall'atteggiamento del
bambino, colle due manine congiunte vicino alla bocca. si vede che il motivo deriva più direttamente dalla Natività del Lippi. Ma le vesti della Vergine sono drappeggiate in modo più semplice e le mani vengono allungate con una ricerca di eleganza e di raffinatezza che sente della fine del secolo.
Nel tondo della collezione Strozzi, intorno a quella «Maternità». il pittore ha collocato due angeli ed un piccolo San Giovanni, di cui si vede soltanto la testa e un po' del lustro. L'angelo sorridente a destra è anche lui un amico ripreso da Fra Filippi, tale quale, voltando la testa verso di noi. lo vediamo in un quadro famoso degli Uffizi (La Madonna seduta che adora il Figlio) in atto di sostenere il piccolo Gesù. Il San Giovannino, putto anche lui, appartiene piuttosto alla cerchia del Botticelli. Ai piedi del Bambino è posta una melagrana, che. sappiamo, amò molto il Botticelli per le sue madonne, ma che il nostro pittore ha potuto trovare anche nel suo maestro preferito, avendone messa Fra Filippo una in mano al Banbino Gesù nel quadro di Palazzo Pitti, dove si vede in fondo la Nascita della Vergine.
Ma per apprezzare pienamente l'incanto di questo bel tondo, è necessario non astrarlo dalla magnifica cornice rimastagli intorno, intagliata nel medesimo pezzo di legno su cui è dipinta rimmagine; ed in giro a questa cornice l'artista si dilettò ancora nel far correre una elegante iscrizione imitando il grafico complicato dei caratteri orientali.
Particolarmente delicati sono in questo quadro il colore e la modellatura, che danno l'idea più giusta e più completa della tecnica di Pier Francesco: colorito chiaro, al quale non è estraneo l'influsso del Baldovinetti, mosso a sua volta dalle tendenze di Fra Angelico e di Masolino; modellatura piena e ferma, accusante un rilievo che non si vede nel Lippi, e di cui Benozzo Gozzoli principalmente gli ha dato l'esempio.
Nel tondo di Sinalunga, vicino alla Madonna ed al Figlio due figure sole si mostrano. San Giovannino ed un angelo, con tipi nuo\i in cui passa un riflesse botticelliano. Manca la melagrana, ma vediamo apparire delle rose, che ci rammentano quella predilezione per i fiori già accennata nel nostro pittore.

Pier Francesco Fiorentino (XV sec.), Madonna del Melograno, un tempo conservata nella Pinacoteca di Gubbio
A quel primo tipo pierfrancescano dì Madonna adorante si riallacciano altri quadri più semplici, che ho potuto rintracciare: Pinacoteca di Gubbio: il Bambino giacente ritrova la posa della Natività del Lippi ora a Berlino, col gomito sinistro appoggiato sulla mano destra; il suo capo riposa sopra un cuscino con fiocchi. A sinistra appare San Giovannino, ispirato alla stessa Natività di Fra Filippo. Ai piedi del Bambino una melagrana, come nel quadro di Palazzo Strozzi.
Gustave Soulier critico d'arte francese studioso di Giotto, Tintoretto e della pittura toscana medioevale.
Prima Parte
Seconda Parte
Tratto da Ugo Ojetti, Dedalo: rassegna d'arte, Milano Roma, Editrice d'arte Bestetti e Tumminelli, 1926