Matteo Franco, chi era?

Matteo Franco

 

Nacque da un'umile famiglia fiorentina detta "Della Badessa" nel 1447. Il famoso cortigiano di Lorenzo il Magnifico, fu un bizzarro spirito motteggiatore. Vestì l'abito occlesiastico e visse al principio una vita di stenti la quale ci vien da lui descritta in un curioso sonetto:
 

Sono alla pieve strana e maledetta
Dormo in un camerin da doglie vecchio :
Pulci, pidocchi, cimici e forfecchie,
Non ci sendo altro, direi: Benedetta!
Cova una chioccia e tutta notte alletta,
Chi raspa, rugghia, russa, e ronzan pecchie:
Puzzan le capre el cacio, et io in orecchio;
Nota il mio vitto: è schiatta di saetta.
 

A l'arcivescovo di Firenze, cardinal di S. Sisto il povero prete che "d'introiti ha sol tre lire al mese", chiose tra l'ironico ed il faceto:
 

Dammi un mantello, o un brevial, San Sisto,
Se non ch'i farò debito con Cristo.
 

Ma casa Medici cercò di migliorare le sorti del pievano di S. Matteo; questi a poco a poco, grazie al suo spirito burlesco che tanto piaceva ai signori popolani di via Larga [oggi via Cavour] , entrò nella loro corte verso il 1474. Ma casa Medici cercò di migliorare le sorti del pievano di San Matteo; questi a poco a poco, grazie al suo spirito burlesco che tanto piaceva ai signori popolani di via Larga, entrò nella loro corte verso il 1474. Dai suoi munifici protettori s'ebbe canonicati e lucrose pievanie.
Ne l'affresco del Ghirlandaio lo si vede vicino al Pulci, suo fiorissimo rivale.
Amici di Matteo Franco furono il Poliziano, Lorenzo il Magnifico che diceva di lui: è delle prime e care creature di casa mia: i due fratelli Piero e Bernardo Dovizi da Bibbiena: acerrimi nemici gli furono Luigi Pulci e Bernardo Bellincioni. Matteo chiamò quest'ultimo: Fiascaccio rotto e fesso in nuova vesta.
E il Bellincioni apostrofò di rimando il Franco chiamandolo: Pretaccio da campane sciagurato, caldarrosti in cucina e pien di vino. Complimenti non meno delicati si scambiarono il Franco e Luigi Pulci.
Queste rivalità cortigianesche che trovavano lo sfogo acerbo in collane di sonetti, divertivano immensamente il Magnifico; gli epigrammi dalla sua casa passavano poi in mezzo al popolo, e tutta Firenze se ne spassava.
Guglielmo Volpi il quale ha rievocata la figura caratteristica di Matteo Franco lo dice capace di tenerezze femminili quanto di odi selvaggi, miscuglio di egoismo e di carità, di viltà e di petulanza; oscillante tra gli eccessi, senza mai trovare il giusto equilibrio, ei si riflette nella prosa scapigliata delle lettere, dove talora la tradizione letteraria diventa rettorica e la naturalezza del parlare trivialità.
Matteo Franco è una delle figure più rappresentative della corte del Magnifico; tipica del Quattrocento fiorentino.
 



Matteo franco a sinistra, Luigi Pulci a destra
Chiesa di Santa Trinita, part. affresco del Ghirlandaio. 

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