Madonna della Melagrana

Madonna della Melagrana
Sandro Botticelli, datato 1487, Galleria degli Uffizi
 

E questo il celebre tondo della Vergine detta del Melagrano, ora alla Galleria degli Uffizi, una tra le più gentili creazioni della sua fantasia, che può far degnamente riscontro all'altro tondo famoso detto del Magnifìcat. Alcuni biografi hanno creduto contemporanei i due tondi, ma un'analisi un po' accurata delle due diverse opere rivela facilmente differenze essenziali nella composizione e nella tecnica, che segnano tra l'una e l'altra una distanza di parecchi anni. Il tondo del Magnificat appare quasi un tentativo giovanile a confronto di questo, nel quale l'arte più matura del pittore ha trovato un ordinamento così naturale, pieno ed armonioso. Alla Madonna, veduta questa volta di faccia, e al Bambino, fanno corona sei angeli, che nel breve spazio limitato della forma circolare del quadro non si stringono, non si comprimono, ma formano un coro ideale che si allarga, si distende, ampio e lontano. Il volto della Madonna ripete ancora il tipo della Venere, più triste ancora forse, più desolato e sconsolato, con uno sguardo, sotto le alte sopracciglia, lontano ed infinito, con una piega delle labbra così amara e tutto un senso di rilassatezza, di abbandono nella figura dalle spalle cadenti sotto l'ampio manto. E gli angeli intorno, che sembrano alzar inni di gloria o sussurrare preghiere, piegano anch'essi sotto il peso di questa grande amarezza, di questo sconforto, di questa desolazione.
Nè soltanto lo spirito del quadro e la sua esteriorità più apparente richiamano le concezioni più mature dell'artista, ma tutta la sua tecnica è affatto diversa da quella delle opere più giovanili, meno accurata nei particolari, meno finita, più rapida, più sicura, più espressiva. Anche l'abbondanza dell'oro, che nella Vergine del Magnificat richiamava ancora l'orefice qui è quasi affatto scomparsa e un'intonazione di colore più robusta e più franca la compensa.
Il Vasari ricorda che questo mirabile tondo era nella chiesa di S. Francesco, fuori porta San Miniato, e racconta un lungo aneddoto, dal quale appare che un discepolo del Botticelli, certo Biagio, aveva dipinto un tondo simile a quello del maestro. Questa replica è stata riconosciuta nel tondo già nella collezione Raczinski, ora nella Galleria di Berlino, replica mediocre di un gran capolavoro.
La Madonna ripete ancora il tipo femminile che caratterizza tutte le opere di questa età, dai grandi occhi doloranti, dalla bocca amara e sensuale, dall'espressione generale di sconforto e di abbandono. Ripete, ma con varietà grande che tutto rinnova, con un sentimento che tutto ravviva, così che nessuna prova di stanchezza è in questa opera e piuttosto che di ripetizione si tratta di variazione di uno stesso motivo. Cosi lo spirito sempre agile del maestro mostra continuamente la sua bella virtù creatrice, nei quattro angeli che sorreggono il baldacchino o presentano al fanciullo i simboli della passione, e che formano un motivo di grazia nuova e ringiovaniscono la monotona sacra conversazione. Ma già il tipo consueto del quadro sacro si è frastornato, rinnovato, nella fantasìa del Botticelli. I sei santi che fanno corona alla Madre Divina e al suo Figliuolo, non sono le consuete figure schematiche e materiali che devono riempire il quadro, ma ad essi si accordano e vivono di una vita propria che ha palpiti e fremiti.
Lo Steinmann ha supposto che questo quadro sia stato dipinto dopo il 1490, quando il Botticelli era tutto sotto l'influsso di Girolamo Savonarola, ma ciò non sembra ammissibile, tanta forza giovanile, tanto impeto è ancora in questa grande composizione che non può segnare in alcun modo l'età della decadenza del maestro e che si ricollega troppo strettamente ad altre opere certamente di questa età. Anche il colorito brillante e trasparente segna la maturità fortunata del maestro, non la sua stanca vecchiaia.
Miscellanea per Masaccio, 1903, Firenze, Tipografia Landi 

Madonna della Melagrana

 

 

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