Due Visioni Diverse del Crocifisso

Nel periodo tra il 1406 e il 1408, il celebre scultore rinascimentale Donatello, allora ventenne, realizzò un Crocifisso in legno per la Chiesa di Santa Croce. Secondo un aneddoto riportato da Giorgio Vasari nelle sue “Vite”, Donatello mostrò l’opera al suo caro amico Filippo Brunelleschi, convinto di aver creato un capolavoro.
Tuttavia, Brunelleschi, noto per la sua franchezza, commentò che il Cristo sembrava più un contadino che il figlio di Dio. Donatello, offeso, replicò che criticare è molto più facile che creare. In risposta, Brunelleschi scolpì a sua volta un crocifisso, riconosciuto da Vasari come il Crocifisso di Santa Maria Novella, e lo mostrò a Donatello, che umilmente ammise: “a te è concesso fare i Cristi, a me i contadini”.
I due Crocifissi presentano notevoli differenze sia nella struttura che nell’interpretazione del soggetto. Il Cristo di Donatello (Fig. 1) mostra evidenti tratti gotici, come l’andamento sinuoso del perizoma e l’allungamento delle membra, ed è costruito secondo un asse centrale, richiedendo una visione frontale. Tuttavia, il suo naturalismo è senza precedenti, soprattutto nel volto, rappresentato nel momento dell’agonia con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta. Donatello si concentrò sulla sofferenza e l’umanità del Cristo, in linea con i gusti dei committenti francescani. Il Crocifisso di Brunelleschi (Fig. 2), invece, presenta un modellato dolce e il volto, reclinato senza stanchezza, mostra un’espressione priva di pathos. Il corpo ruota verso destra, offrendo molteplici angoli di visione. L’altezza, che coincide con la larghezza delle braccia, ne fa il primo esempio di homo ad quadratum rinascimentale, costruito secondo i dettami vitruviani.
Nonostante l’aneddoto di Vasari, la paternità di questi crocifissi non è mai stata messa in discussione. Tuttavia, alcuni critici ritengono infondato l’aneddoto della disputa, in quanto le due sculture non sembrano essere state realizzate nello stesso periodo. Altri studiosi, invece, ritengono che Vasari abbia riportato un aneddoto vero, ma abbia confuso le opere da confrontare.
Il “Cristo contadino” di Donatello (3) sarebbe un altro crocifisso, contemporaneo a quello di Brunelleschi, che solo di recente gli è stato attribuito. Quest’opera è conservata nel Convento del Bosco ai Frati, vicino a Firenze. Il corpo smagrito e affilato di Gesù, il viso macilento con gli occhi semichiusi che affondano nelle orbite incavate, e le ciocche di capelli a ciuffi scomposti ne fanno una delle più alte interpretazioni sul tema della morte offerte dalla scultura del Quattrocento. È vero, non esistono documenti o resoconti dell’epoca che confermino con certezza che il crocifisso sia un’opera di Donatello. Tuttavia, è plausibile pensare che durante il Rinascimento, grazie alla generosità dei Medici, sull’altare maggiore della chiesa, accanto o di fronte alla pala del Beato Angelico (oggi al Museo di San Marco a Firenze), non potesse esserci una scultura di un artista sconosciuto o di scarso valore. La maggior parte degli studiosi attribuisce questo crocifisso a Donatello, mentre solo pochi lo attribuiscono a Desiderio da Settignano o a Michelozzo. È una questione ancora aperta nel mondo dell’arte.

Fig. 1 Crocifisso di Donatello
Fig. 2 Crocifisso del Brunelleschi
Fig. 3 Crocifisso di Donatello
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